Page 335 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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                Particolarmente interessante, poi, l’articolo del 19 settembre dal titolo “Disci-
             plina”. Se letto sotto una certa ottica, anche questo potrebbe essere interpretato
             come un’espressione favorevole alla posizione di neutralità che il nostro paese
             aveva deciso di  assumere: «Si dice che l’italiano non è disciplinato e non può di-
             sciplinarsi. Questo è un grave errore che commette chi non conosce il vero valore
             della parola Disciplina. L’Italiano è forse il popolo più intelligente e più svegliato
             del mondo, tanto è vero che è il più scettico, ama conoscere il perché delle cose,
             desidera essere convinto della necessità di ciò che gli si chiede e ne ha il diritto
             perché ha l’attitudine innata a comprendere anche la necessità che impongono i
             maggiori sacrifici. È un popolo di entusiasti e di poeti ma anche di gente che ragio-
             na, che non si lascia abbindolare, [...] che si diverte a creare degli idoli passeggeri
             tanto per metterli alla prova ma che è provvisto di una forte dose di buon senso
             pratico che al momento opportuno tira fuori distruggendo gli idoli di carta pesta
             senza far loro neppure del male, sorridendo.
                Popolo di frondeurs, cui piace dimostrare la sua indipendenza di fronte ad ogni
             autorità, che se vede scritto: è proibito, è attratto da un’irresistibile forza a cogliere
             il frutto [...]. Costituito da intelligenze e non da automi, non si adatta alla mono-
             tona divisione del lavoro per la quale altri popoli gli fanno concorrenza. La sua
             mente spazia alto nel suo cielo azzurro, non può rimanere terra terra. [...] Non è un
             popolo indisciplinato, è semplicemente un popolo disoccupato che ha una riserva
             immensa di energie da impiegare che non vede uno sfogo e impiega le forze come
             può. [...] Date a questo popolo che ragiona una meta, uno scopo in cui si riconosca
             [...] però, che comprenda e senta, altrimenti vi riderà dietro; non è un popolo che
             si pieghi a gabbo, a meno che non lo voglia lui stesso e per il tempo che lui stesso
             vuole. Ricordiamo l’inizio della guerra libica. Quale popolo poteva mostrarsi più
             disciplinato per quanto la necessità di tale guerra non fosse delle più facili da com-
             prendere? Ogni nota stonata fu smorzata ed ogni senatore si rincantucciò nel suo
             angolo ignoto nell’attesa di tempi più propizi alla presentazione del suo giocarello.
                Nessuno potrà costringere il popolo italiano nel formalismo e nel pedantismo,
             ma ciò è inutile: formalismo e pedantismo sono mezzi, non scopi, sono i mezzi per
             ottenere quella falsa disciplina che non può essere quella vera, quella che consiste
             nel compiere il proprio dovere spinta da un’intima persuasione della necessità di
             compierlo.
                Il nostro popolo è forse il più disciplinabile sostanzialmente perché è il più atto
             a riconoscere la verità, ma necessita che tale verità gli sia indicata. A quando?»
                Il mese di ottobre prosegue con la descrizione delle operazioni. L’andamento
             della battaglia in Francia, che andava prendendo il carattere statico della guerra
             di trincea, non era facile da decifrare per Douhet, poiché contravveniva a tutte le
             previsioni del tempo di pace. Nell’articolo del 3 ottobre, dal titolo esplicativo “La
             guerra si va prolungando”, Douhet utilizza una metafora forte per esprimere tutta
             la sua perplessità nei confronti della battaglia, che è come un agguato immenso.
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