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412 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
alcuni uomini di fiducia del Presidente - talvolta personalità dai contorni indefiniti
- che venivano inviati all’estero o che intrattenevano rapporti anche vincolanti con
ambasciatori stranieri. Nessuno di loro riteneva opportuno informare di queste at-
tività il Segretario di Stato o il Dipartimento, che quindi continuavano una propria
linea d’intervento, ignari che, a loro insaputa, si stessero muovendo altri fili. Wil-
son arrivò addirittura a scavalcare il proprio Segretario William Jennings Bryan,
conferendo personalmente incarichi ad un sottosegretario del Dipartimento, Robert
Lansing che, a sua volta, sostituì definitivamente Bryan nel 1915. Questi episodi
rendevano la politica estera americana di ardua interpretazione. Nell’ottobre del
1914 il governo inglese tentò di districarsi fra cinque diverse e contradittorie spie-
gazioni da parte americana riguardo alle interferenze dell’Intesa sul commercio dei
paesi neutrali: la prima veniva direttamente dal Presidente che aveva parlato con
l’ambasciatore britannico in America, Sir Cecil Spring Rice; c’era poi il rapporto
presentato dal Col. House allo stesso ambasciatore; un comunicato del Segretario
Bryan a Rice; un altro rapporto di Lansing a Rice. A questi si aggiungeva il reso-
conto presentato dall’ambasciatore americano a Londra, Walter Hines Page, al mi-
nistro degli Esteri britannico, Sir Edward Grey, che avrebbe dovuto rappresentare
la posizione del governo. Ognuna di queste posizioni era teoricamente approvata
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dal Presidente anche se i loro contenuti erano differenti . Episodi di questo genere
si susseguirono, con allarmante frequenza, anche durante il conflitto, creando una
notevole confusione e facendo assumere agli Stati Uniti una posizione “fluida” che
certamente sarebbe tornata, e tornò utile, in molte occasioni.
Questo atteggiamento dell’amministrazione Wilson nei confronti della politica
estera rifletteva le idee del presidente che aveva vinto le elezioni con un program-
ma di politica interna, basato sul motto «we shall restore, not destroy», concen-
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trato sulla rinascita dei valori e degli ideali americani, da realizzare attraverso la
lotta all’ingiustizia e al “male” che si era diffuso nella nazione. Il conflitto bene-
male era una realtà per Wilson, severo calvinista e devoto presbiteriano . Aveva
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un’altissima considerazione del suo ufficio e riteneva che il Presidente dovesse
esercitare in maniera attiva ed intensa la propria autorità. Già nel 1908, dopo es-
sere rimasto affascinato dalle presidenze “imperiali” di William McKinley e di
Theodore Roosevelt, affermava che al capo dello stato spettava la gestione au-
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tonoma del potere e ai cittadini il dovere di obbedire . Non solo: «la Presidenza
33 John W. coogan, American Foreign Relations Reconsidered, 1890-1993, Routledge, New York,
1994, p. 74.
34 WoodroW Wilson, Inaugural address, 4 Marzo 1913, The American Presidency Project, http://
www.presidency.ucsb.edu/ws/?pid=25831
35 WaltEr lafEbEr, The American Age – U.S. foreign policy at home and abroad 1750 to the
present, W.W. Norton & Company, New York, 1994, p. 270.
36 WoodroW Wilson, Constitutional Government in the United States, New York, 1908, p. 58: «the
President exercises the power and we obey».

