Page 10 - Le donne nel primo conflitto mondiale - Dalle linee avanzate al fronte interno: La grande guerra delle italiane - Atti 25-26 novembre 2015
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LE DONNE NEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE                                       10


          talettere, impiegate di banca e dell’amministrazione pubblica, operaie nelle fabbriche di
          munizioni, e in tantissimi altri ruoli. Inoltre, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale
          l’organizzazione della Croce Rossa mobilitò moltissime infermiere volontarie, che trova-
          rono impiego immediato nelle opere di assistenza sanitaria nelle immediate retrovie, nei
          treni-ospedale e negli ospedali da campo, condividendo gli immensi rischi e le estenuanti
          fatiche che caratterizzavano il lavoro e la vita stessa dei soldati, anche in zona di guerra.
             Inoltre, come affermò Antonio Gibelli: “non meno importante, fu la dilatazione dei compiti
          e dei ruoli delle donne nelle campagne: secondo calcoli attendibili, su una popolazione di 4,8 milioni di
          uomini che lavoravano in agricoltura, 2,6 furono richiamati alle armi, sicché rimasero attivi nei campi
          (a parte le scarse licenze) solo 2,2 milioni di uomini sopra i 18 anni, più altri 1,2 milioni tra i 10 e
          i 18 anni, contro un totale di 6,2 milioni di donne superiori ai 10 anni. Inevitabile fu l’occupazione
          femminile di spazi già riservati agli uomini, e contemporaneamente lo straordinario aggravio di fatica e
          di responsabilità. Le donne videro ancora dilatarsi i tempi e i cicli abituali del lavoro (col coinvolgimento
          delle più piccole e delle più vecchie), e dovettero coprire mansioni dalle quali erano state tradizionalmente
          esentate”. Scomparve dunque anche la divisione del lavoro che voleva affidati agli uomini
          i compiti più pesanti e impegnativi, compresa la manovra delle macchine agricole.
             Poi, una volta deposte le armi, tutti sentirono il bisogno di pace e di sicurezza; il
          rientro nei ruoli tradizionali, da tempo agognato, sembrò contribuire a questo senso di
          sicurezza, ma l’esigenza di trovare un lavoro per i reduci spinse talvolta al licenziamento
          rapido e completo delle donne dalle occupazioni che avevano ricoperto. Il fallimento
          dell’occupazione femminile nel periodo post-bellico si manifestò in tutta la sua gravità
          nel 1921, anno in cui risultarono occupate nell’agricoltura tre milioni di donne, nell’in-
          dustria un milione, mentre le donne inattive risultarono addirittura quattordici milioni.
          La retorica dominante al termine del conflitto fu infatti quella che prescriveva alle don-
          ne il rientro nei ranghi, nei ruoli familiari, nei compiti procreativi e materni.
             In sostanza, dal punto di vista sociale e culturale, la Grande Guerra modificò pro-
          fondamente i modelli di comportamento, le relazioni tra generi e classi di età, nonché tra
          le varie classi sociali, mettendo in discussione gerarchie, distinzioni e autorità.
             Concludo, quindi, esprimendo nuovamente il mio apprezzamento per la presente
          iniziativa, sottolineando sia il rammarico per l’impossibilità a prendervi parte di persona,
          sia soprattutto la valenza che essa può avere nel contribuire ad approfondire un tema
          così complesso e importante e, nel contempo, nel dare il giusto risalto al fondamentale
          ruolo svolto dalla componente femminile della nostra collettività nazionale nel corso di
          tutti quei travagliati e difficili anni.










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