Page 85 - Le donne nel primo conflitto mondiale - Dalle linee avanzate al fronte interno: La grande guerra delle italiane - Atti 25-26 novembre 2015
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I Sessione: FRONTE INTERNO                                                  85



                parlare, di consolare…ma le mie parole mi sembrano inutili e prive di senso. Mi
                sentivo addosso il dolore, un dolore che mi rendeva muta. 47


             A volte, il senso di inadeguatezza rispetto al bisogno di assistenza, porta all’abban-
          dono del volontariato. Un’esperienza di questo tipo è ben documentata dall’epistola-
          rio familiare di un’infermiera piemontese, Adele Reverdy . Già donna matura, è nata
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          a Valenza nel 1876, nubile, appartenente ad una famiglia benestante, la Reverdy presta
          servizio come infermiera volontaria al fronte, dal giugno al all’ottobre 1916. In questo
          periodo mantiene una fitta corrispondenza con la famiglia. Già dopo i primi mesi, la
          donna manifesta l’intenzione di rinunciare al servizio volontario. Scrive, nell’agosto
          del 1916, alla sorella: «Sono ormai tanto stanca moralmente da non aver più la volontà
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          di continuare la mia missione e non desidero che un po’ di riposo» . In una lettera del
          mese precedente, cosi descriveva alla famiglia la sua attività di infermiera:
                L’ospedaletto nostro è tra i più moderni e quindi abbiamo in media tre arrivi e
                tre partenze il giorno, calcolate che ci arrivano direttamente dal fronte. Imma-
                ginatevi gli spettacoli e l’affanno di tutti noi! Il mio reparto è di 54 letti e tutti
                gravi, quindi il lavoro è enorme. Non si hanno né ore per mangiare né ore per
                dormire.
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             Nelle attività del “fronte interno” assistenza e propaganda coesistono e si con-
          fondono.  Appare difficile supporre esistesse una netta separazione tra l’impegno
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          nell’assistenza e quello di propaganda. Le donne che si mobilitano svolgono una du-
          plice funzione: di «imprenditrici morali» della guerra,  e di «operatrici sociali» per la
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          patria. Se tra le élite femminili fu il primo aspetto a prevalere, occorre rilevare che
          non poche si occuparono pure di opere di assistenza: Anna Franchi, Margherita Sar-
          fatti, Annie Vivanti, Sofia Bisi Albini, Teresa Pasini, Regina Terruzzi si dedicarono al


          47  Ivi, Ufficio Notizie, Registro n. 22, cart. 451.
          48  Copia dell’originale dell’epistolario familiare di Adele Reverdy è conservata presso l’Archivio Ligure
             della Scrittura popolare. Sui fondi conservati nelll’arcivio:Fabio Caffarena, Graziano Mamone, L’ar-
             chivio ligure della scrittura popolare di Genova, in « Storia e futuro. Rivista di storia e di storiografia
             online».
          49  Lettera di Adele Reverdy alla sorella Bice, zona di guerra, 24/8/1916.
          50  Lettera di Adele Recerdy alla sorella Bice, zona di guerra, 1/7/1916.
          51  Fava, Tra “nation building” e propaganda di massa.
          52  Per l’utilizzo di questa categoria sociologica a proposito della posizione assunta dalle élite femminili
             interventiste: A. Molinari, Una patria per le donne, cit.







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