Page 139 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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II SeSSIone - I ServIzI dI InformazIone, alcune proSpettIve 139
inviata all’inizio di giugno sul fronte italiano. I suoi dieci Albatros D.III della
serie “153” di costruzione Oeffag, con motore Daimler a sei cilindri da 200
cavalli, erano armati con due mitragliatrici Schwarzlose 7/12, con una dotazione
complessiva di 500 colpi, avevano una velocità massima orizzontale compresa
tra i 180 ed i 200 km/h e potevano salire a 1.000 metri in tre minuti, a 2.000 in
dodici ed a 3.000 in venti. Il comandante del reparto, l’asso Navratil che avrebbe
chiuso il conflitto con un totale di dieci vittorie confermate, aveva a disposizione
due D.III della serie “253” con motore da 230 cavalli, accreditati di una velocità
massima di 220 km/h. Sul campo di Romagnano c’erano sei hangar di tela ed
uno di legno, già accertati dalla ricognizione aerea, con una serie di baracche
destinate agli alloggi ed ai servizi, il tutto difeso da una dozzina di mitragliatrici
del battaglione d’assalto della 3ª Divisione di Cavalleria Appiedata, secondo
una prassi consolidata che vedeva i reparti a riposo contribuire con le loro armi
automatiche alla difesa contraerea dei più vicini campi di aviazione. Carattere più
generale avevano i chiarimenti in merito al sistema di numerazione dei velivoli
austro-ungarici, contrassegnati con numeri di cinque o sei cifre composti da due
parti, delle quali la prima identificava la fabbrica e la serie di costruzione e la
seconda era il numero di serie della singola macchina. Nel caso ad esempio del
velivolo del sergente maggiore la sigla 153.249 significava che si trattava della
macchina numero 249 della terza serie di Albatros D.III costruita dalla Oeffag.
La Oeffag di Wiener Neustadt era infatti contraddistinta dal numero 5, mentre
il numero 1 indicava che si trattava di una variante rispetto al modello base che
aveva un motore da 165 cavalli.
Di interesse più immediato le informazioni relative ai procedimenti tattici
adottati ed in particolare alle formazioni utilizzate per il servizio di crociera e per
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quello di scorta. Il primo era finalizzato ad impedire il passo ai velivoli italiani
che avessero cercato di oltrepassare le linee. Era concepito in chiave strettamente
difensiva, come sottolineava l’ordine della 10ª Armata di non entrare mai nello
spazio aereo italiano, e prevedeva una formazione molto serrata nella quale i piloti
meno esperti occupavano le posizioni più interne. I sette velivoli tipicamente
impiegati erano scaglionati su quattro livelli, con una separazione in quota di
cento metri tra l’uno e l’altro. Il comandante della Flik J occupava la posizione
di testa ed il livello più basso, cento metri alle sue spalle e cento metri più in alto
si posizionavano due dei piloti meno esperti, separati in linea di fronte da una
distanza di duecento metri, e dietro questa coppia, scaglionato di cento metri
tanto nel piano orizzontale quanto in quello verticale, si trovava un terzetto con
un altro “novellino” al centro fiancheggiato da due veterani, lasciando il posto di
fanalino di coda sul livello più alto al vice-comandante di squadriglia che aveva
35 Ufficio Informazioni 1ª Armata, Notiziario N° 82 del 2 agosto 1918, AUSSMA, 1ª Guerra
Mondiale, Uffici informazioni armate, Notizie di aviazione.

