Page 332 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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332 il 1916. EvoluzionE gEopolitica, tattica E tEcnica di un conflitto sEmprE più EstEso
spazi politici e militari autonomi rispetto al binomio Cadorna-Re, Salandra ac-
consentì al piano Sonnino-Zupelli per un’operazione in Albania, con uno sbarco
dei nostri soldati prima a Valona e poi a Durazzo. Non solo. Con apposito decreto
egli tolse il comando delle operazioni militari nello scacchiere a Cadorna, per af-
fidarlo direttamente a Zupelli che si avvalse del generale Emilio Bertotti. Avendo
cercato di tratteggiare i caratteri dei personaggi in gioco, si comprende come
questa decisione, fortemente avversata dal sovrano e dal Capo di stato maggiore,
si presentasse come il momento di più acuta tensione tra Governo e il binomio
Cadorna-Re, il primo colpito dall’essere stato estromesso dal comando, il secon-
do da un’operazione di politica estera nei Balcani che rischiava di aumentare le
tensioni tra gli alleati e inimicarsi definitivamente le dinastie slave di Serbia e
Montenegro, da sempre care al Re. In alternativa a questo progetto, Cadorna,
appoggiato dal monarca, aveva proposto di partecipare con circa 60mila uomini
all’operazione a Salonicco, dando credito all’idea francese che i successi che non
si stavano conseguendo in Europa potevano cogliersi nei Balcani . Al di là del
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giudizio sulla efficacia o meno del piano strategico alleato, sia Cadorna sia il Re
nel sostenere l’impresa a Salonicco furono orientati dalle pressioni di Parigi e
Londra per una maggiore cooperazione interalleata, che avrebbe da un lato fuga-
to i sospetti della mancata dichiarazione di guerra alla Germania, dall’altro tolto
all’ingresso italiano in guerra quel tono di ‘sacro egoismo’ che certo non dava
l’idea di una comune fratellanza d’armi. Non solo. Sia per Cadorna sia per il Re
il possesso dell’Albania non era rilevante, dal momento che una volta sconfitta
l’Austria-Ungheria si sarebbe potuto prendere qualsiasi porto albanese si fosse
voluto. A posteriori, il piano “militare” sembrava possedere una visione più lun-
gimirante e più aperta della guerra italiana; si scontrò, però, con l’impostazione
“politica” angusta che il ministro degli Esteri Sonnino stava dando al conflitto,
sempre titubante, se non ostile, verso la cooperazione interalleata, pronto a rece-
pire i consigli che provenivano da Londra, ma sottilmente contrario a tutto ciò
che proveniva da Parigi. In mezzo a questo scontro, che dietro la spigolosità dei
caratteri nascondeva una chiara delimitazione di sfere di influenza, si trovò il
Presidente del consiglio che mostrò di non avere sempre in mano il polso della
situazione. Schiacciato dalla personalità di Sonnino verso il quale era in qualche
modo succube, timoroso di non scontentare il sovrano, al quale era debitore per
il sostanziale appoggio nelle giornate del radiosomaggio, riconoscente a Zupelli
per l’opera di ricostituzione dell’esercito, incapace di trovare un sostituto di Ca-
dorna del quale non sopportava i modi perentori con cui si rivolgeva al Governo,
Salandra si mostrò ondivago tra uno e l’altro dei contendenti: dapprima auto-
rizzò la missione a Valona, poi, con titubanze quella a Durazzo, per schierarsi,
infine, contro quest’ultima insieme al sovrano e a Cadorna. Compito invero non
43 L. Albertini, op. cit., 16 ottobre 1915, p. 179.

