Page 335 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
P. 335
IV SeSSIone - ASpettI del conflItto Sul fronte Interno 335
importante anche per un altro aspetto. Se vogliamo individuare, infatti, un mo-
mento in cui iniziò a venir meno la fiducia del sovrano in Cadorna, questo va
ricercato proprio negli avvenimenti del Trentino. Certo, la presa di Gorizia e le
successive spallate fecero riprendere quota alle azioni del Comandante supremo;
ma gli errori strategici della primavera del 1916 erano rimasti nella mente del Re,
tant’è che nel 1917, al loro ripetersi, abbandonò il Generalissimo.
Conclusioni
Come anticipato nella premessa, questo studio non ha la pretesa dell’esausti-
vità, ma costituisce un primo abbozzo di ricerca che dovrebbe riflettere sul ruolo
della monarchia italiana nella prima guerra mondiale. Pur tuttavia, ci sembra che
dagli accenni proposti si possano delineare alcune piste di ricerca. Il contrasto tra
vertici politici e militari, che si protrarrà almeno fino a Caporetto, non è ricondu-
cibile solo a un contrasto di caratteri, pur presente, ma si collega alla volontà di
delimitare le sfere di influenza da parte del Governo da un lato e del Comando
supremo dall’altro. Sfere di influenza che, probabilmente delineate al momento
dell’ingresso in guerra, subirono variazioni, allargandosi in determinati contesti
e periodi e restringendosi in altri; fenomeni senz’altro naturali in epoca di guerra
e che, con un’analisi comparata, si potrebbero riscontrare anche in altri paesi
europei. Il fatto è che il contrasto Comando supremo-Governo non si limitò ai
due soggetti, ma investì un terzo elemento, ossia la monarchia, che in Italia,
al contrario dell’Inghilterra, il paese con il quale si può fare la comparazione
più attendibile, non aveva abbandonato molte delle prerogative che erano state
fissate nello Statuto del 1848 e che, all’epoca, risentivano del carattere ottriato
della carta costituzionale e di un periodo di profondi rivolgimenti politici. Gli
ampi poteri riservati alla corona dallo Statuto, e la riserva di caccia per quanto
riguardava le forze armate e la politica estera, erano stati negli anni preservati e
una rapida carrellata dimostra come i sovrani sabaudi mai avessero pensato a un
loro ridimensionamento. Fu solo sotto Vittorio Emanuele III e con la presenza di
uno statista come Giolitti, che la corona subì una compressione dei propri poteri,
soprattutto nel campo della politica interna. Nella sua riserva di caccia, però, il
sovrano non fece mai entrare nessuno; basterebbe riflettere sulle modalità della
dichiarazione di guerra all’Impero ottomano, scelta dal Re, Di San Giuliano e
Giolitti a Parlamento chiuso nel 1911 per chiarire questo atteggiamento. Dunque,
appare inevitabile che l’ingresso dell’Italia in guerra, anche e soprattutto per le
modalità con le quali avvenne, avrebbe posto il problema della monarchia nella
triangolazione dei rapporti tra Comando supremo e Governo. E, come abbiamo
cercato di evidenziare, il Re non ebbe mai alcun dubbio su chi puntare e su chi
difendere, fino a quando fu difendibile. Ad accomunare il Re e Cadorna la con-
vinzione che la Grande Guerra fosse il supremo cimento della nazione, al quale
sacrificare tutto, le vite dei soldati, ma anche i giochi parlamentari e, dunque, il

