Page 430 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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430 il 1916. EvoluzionE gEopolitica, tattica E tEcnica di un conflitto sEmprE più EstEso
be stato assicurato dall’egemonia in Adriatico come premessa all’espansione nel
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Mediterraneo. Infatti, durante il periodo giolittiano, la politica navale italiana,
pur con alterne vicende, aveva mirato a costruire una marina abbastanza grande
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per confrontarsi con l’Austria-Ungheria e la Francia. Lo stesso Patto di Londra
(26 aprile 1915) rimandava a questa dinamica, proponendo ambizioni, dal con-
trollo dell’Adriatico orientale alla cessione di territori in Turchia e colonie in
Africa, che non potevano essere sostenute senza un’adeguata potenza navale e
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marittima che l’Italia liberale certamente non possedeva.
La persistenza di queste ambizioni di matrice nazionalista, specie quelle sull’A-
driatico, fu determinante per lo sviluppo della guerra italiana sul mare, riassu-
mendosi nella formula, elaborata nel 1917, dal Capo di Stato Maggiore della
Marina, Paolo Emilio Thaon di Revel, in risposta alle richieste francesi di un
comando condiviso in questo settore:
Il comando in capo in Adriatico è e deve rimanere italiano come è
stabilito dalla esistente convenzione, e prego pertanto Lei di com-
piacersi di considerare la questione esaurita, evitando ulteriori di-
scussioni alle quali, con mio dispiacere non potrei partecipare. 8
Una scelta politicamente chiara e importante, ma che bloccava le risorse na-
vali dell’Italia nell’Adriatico, per mantenere una relativa superiorità tanto sui
nemici quanto sugli alleati, in conseguenza degli obiettivi politici che la guerra
della marina mirava a conseguire.
L’obiettivo della supremazia adriatica però si scontrava con le esigenze della
guerra, soprattutto con la sua natura economica: dal mare, l’Italia e le altre po-
tenze dell’Intesa traevano le risorse per alimentare il proprio sforzo bellico. Basti
pensare che tra il 1915 e il 1918, furono importate 52.972.000 tonnellate di merci
che per la quasi totalità viaggiarono sull’acqua: grano, carbone e ferro, senza i
quali lo sforzo bellico nazionale sarebbe stato insostenibile. Volendo semplifi-
care: per ogni uomo mobilitato, l’Italia importò circa 9 tonnellate di beni. Uno
sforzo immenso che coinvolgeva la flotta e migliaia di navi mercantili e centi-
naia di migliaia di uomini e che mostrò quanto il paese fosse dipendente dalle
5 Giancarlo Monina, La Grande Italia marittima, La lega navale italiana e la propaganda na-
valista, Rubettino, Soveria-Mannelli 2002, pp. 257-273, 339-356.
6 Mariano Gabriele, La politica navale italiana dal 1885 al 1915, Usmm, Roma 1982, pp. 143-
201.
7 Brunello Vigezzi, L’Italia neutrale, Ricciardi, Napoli 1957, p. 139; Antonio Varsori, Radioso
maggio, Come l’Italia entrò in guerra, Il Mulino, Bologna 2015, p. 113.
8 Archivio dell’Ufficio storico della Marina Militare (AUSMM), Rdb. b. 487, Archivio Guerra,
Cartolina postale, Il comando supremo delle operazioni in Adriatico durante la guerra, appunto
1925.

