Page 231 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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             deschi la giugulare dell’impero . “Una volta perduto il canale” scriveva Hans
             Delbruck, uno dei maggiori esperti tedeschi di questioni geopolitiche, “tutti i
             vincoli che uniscono l’una all’altra le singole parti dell’Impero si scioglieranno
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             automaticamente” .
                Alla grande offensiva per la liberazione dell’Egitto avrebbero dovuto parte-
             cipare anche i beduini dello sceicco Hussein della Mecca, alla cui corte agenti
             britannici e tedeschi si contendevano a peso d’oro la sua amicizia. Quest’ultimo
             però esitava a legarsi, combattuto tra la fedeltà confessionale e la convenienza
             politica: mentre un suo anziano vicario accompagnava con la Bandiera Verde i
             soldati turchi in marcia sul Canale, uno dei figlio dell’imam si recava al Cairo per
             trattare coi britannici ed un altro era a Costantinopoli per sondare la disponibilità
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             del governo imperiale a concessioni politiche . Fu appunto in questa congiun-
             tura che si inserì la vicenda dell’allora tenente Lawrence, la cui azione fu forse
             decisiva per indirizzare la condotta di Hussein.
                Il 5 febbraio 1915 i turchi tentarono, da soli, un primo assalto a Suez. L’o-
             perazione fallì disastrosamente, e ciò raffreddò notevolmente i loro rapporti con
             gli hashemiti, che divennero più ricettivi alle offerte britanniche. Hussein fino al
             giugno 1915 ricevette un sussidio finanziario tedesco, dopo quella data iniziò a
             riceverne uno dal comando britannico del Cairo.
                 I tedeschi tuttavia, attraverso il solito Oppenheim, tentarono ancora di legar-
             li al proprio carro. I piani tedeschi prevedevano di ripetere l’attacco al Canale
             nella primavera del 1916, e ritenevano l’appoggio arabo utilissimo per tramutare
             l’invasione dell’Egitto in una guerra di liberazione. Una calcolata combinazio-
             ne di lusinghe e minacce avrebbe, pensavano, portato Hussein ad accordarsi. I
             colloqui andarono avanti a lungo alla Mecca e Damasco, sede della missione
             militare tedesca e della IV Armata Ottomana, ed ebbero, malgrado la diffidenza
             dei turchi, un apparente successo: gli hashemiti, posti di fronte l’aut-aut di essere
             considerati ribelli o di ricevere un grosso donativo per armare un esercito e col-
             laborare alla “liberazione dell’Egitto” accettarono di collaborare. “Faremo il no-
             stro dovere e lasceremo alla volontà di Allah di decidere il nostro successo” disse
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             il figlio ed erede di Hussein, Feysal . Negli stessi giorni, tuttavia, una lettera del
             residente britannico al Cairo Mac Mahon garantiva a suo padre la sola cosa che
             dagli ottomani e dai tedeschi non poteva ottenere: un regno arabo indipendente
             dalla Mecca a Damasco. In effetti era una concessione impossibile anche per i
             britannici, come gli stessi Hussein e Feysal vedranno più tardi. Il ministro degli




             17  JON KIMCHE, Il secondo risveglio arabo, cit., p. 28.
             18  Ivi, p. 33.
             19  SEAN MCMEEKIN, Il crollo dell’Impero ottomano, cit p. 301.
             20  Ivi, p. 304.
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