Page 469 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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             sentò al Senato per “asserita denegata giustizia” la propria petizione  contro i
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             risultati della Commissione d’Inchiesta .
                La via, tanto sdegnata da Giardino, che aveva portato il Senato ad essere in-
             vestito di una questione puramente militare era ormai terminata. Toccava ora al
             Ministero della guerra, presieduto dal “borghese” Bonomi, affrontare la questio-
             ne e porre la parola fine su Caporetto.

             La commissione Quarta.
                Esaurito l’iter senatoriale e rinviata la petizione al ministero della guerra, Ca-
             vaciocchi intervenne presso il “borghese” Bonomi, esponendogli sinteticamen-
             te le motivazioni che lo avevano spinto a ricorrere al Senato: “il ministero ave-
             va peccato d’ingiustizia” nei suoi confronti non avendo rispettato” la graduato-
             ria delle responsabilità fissata dalla Commissione stessa” inoltre “le conclusioni
             della Commissione non erano state eque” perché “non era stato sufficientemente
             rispettato il sacro diritto della difesa” . Aggiunse che di fronte a tali evidenti
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             ingiustizie era chiaro che “in ogni modo, la semplice revoca dei provvedimen-
             ti presi” a suo carico non sarebbe bastata “a risolvere la questione morale”, per
             cui si vedeva costretto a “insistere nell’invocare anche la revisione del giudizio
             della Commissione dinanzi a un consiglio di tecnici competenti e sereni” . Ca-
                                                                              139
             vaciocchi comprendeva la delicatezza della sua posizione; un’indagine accura-
             ta sugli avvenimenti dell’ottobre ’17 avrebbe sicuramente messo in rilievo le
             manchevolezze di Badoglio, cosa che sia il governo sia il Ministro non avevano
             alcuna intenzione di rilevare. Bonomi, del resto, aveva non poche “gatte da pe-
             lare”; non solo c’era l’ancora irrisolta vicenda di Fiume, ma si profilava ormai
             inevitabile la necessità di una riduzione decisa dei quadri dell’esercito e di una
             revisione sostanziale della struttura delle forze armate. Di fronte a tali problemi
             era inevitabile che un ministro “borghese” avesse bisogno dell’aiuto delle supre-
             me autorità militari, ed in particolar modo del Capo di S. M. Si era venuto co-


             136 Tale petizione fu demandata al Ministero della Guerra nella seduta del 27/1/21.
             137 Douhet, commentando questa iniziativa, elogiò il senso di autorità morale del generale; elo-
                gio tanto più smaccato in relazione al comportamento tenuto da generali assurti ai più alti
                ranghi dell’esercito: “Noi assistiamo da mesi e mesi al fatto di avere come Capo di S. M.
                dell’Esercito, un generale che, pubblicamente accusato da altri generali di essere stato causa
                principale, diretta e colpevole, del nostro scacco, non risponde, non sente il bisogno di rendere
                indiscutibile il suo prestigio […] Noi non discutiamo se le colpe addebitate al gen. Badoglio
                dai generali che lo hanno accusato, firmando le loro accuse, siano reali oppure no; affermiamo
                semplicemente che noblesse obblige”, Il Generale Bongiovanni e la Commissione d’Inchiesta,
                in “Il Dovere” del 15-16/7/1920.
             138  Museo del Risorgimento di Milano, Archivio della Guerra, Fondo Cavaciocchi, cart. 16, let-
                tera di Cavaciocchi a Bonomi del 21/7/1920.
             139 Ibidem.
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