Page 232 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             presso la S.I.a.I. (Società Idrovolanti alta Italia). anche se si trattava di elementi
             esperti – per ragioni legate alla morfologia del loro territorio gli svizzeri erano
             pratici di idrovolanti, basati sui laghi- due di loro morirono nel 1917 durante voli
             di addestramento.
                a differenza di sammarinesi e svizzeri tutti gli altri stranieri che hanno milita-
             to nelle nostre file appartenevano, tranne gli albanesi, alle “nazionalità oppresse”
             dell’austria-Ungheria. Erano prigionieri di guerra o disertori dell’esercito impe-
             rial-regio che, una volta in Italia, sceglievano di combattere per l’indipendenza
             del loro paese o per il suo congiungimento agli stati cui etnicamente si sentivano
             di appartenere. per ovvii motivi di carattere giuridico e politico il governo ita-
             liano esitò a lungo prima di acconsentire al loro arruolamento cosicché le prime
             formazioni di volontari stranieri furono organizzate, in maniera ufficiosa, dagli
             Uffici Informazioni delle diverse armate, con la tolleranza di queste, ricevendo
             solo più tardi un riconoscimento ufficiale.

             I Cecoslovacchi
                Il posto d’onore, dovendo trattare di questi stranieri, spetta ai Cecoslovac-
             chi, anche se, per la verità, di Slovacchi in grigio-verde se ne sono visti pochi,
             pur essendo slovacco il Generale Milan Ratislav Štefànik, dell’esercito francese,
             uno dei “padri” della Legione Cecoslovacca d’Italia per la sua attività tesa ad
             influenzare i nostri politici a favore della causa di praga. Il suo nome è ricordato,
             da pochi anni, con una lapide posta a Roma, in piazza della Madonna di Loreto,
             vicino al Vittoriano, là dove il 24 maggio del ’18 sono state consegnate alla Le-
             gione le sue prime bandiere.
                Come per tutti i reparti stranieri gli inizi sono stentati. I nostri ufficiali si
             avvalgono di disertori nemici di loro fiducia per ricavare informazioni dai pri-
             gionieri da poco catturati, immettendoli tra costoro, in uniforme austriaca, così
             da provocarne le confidenze e ricavarne informazioni. Nel suo libro I.T.O. Note
             di un capo del servizio d’informazioni d’Armata Cesare pettorelli Lalatta Finzi
             descrive in dettaglio il loro operato. Ed è sempre per opera di questo ufficiale che
             nascerà poi il primo reparto cecoslovacco, anzi cecoslovacco- jugoslavo, dopo
             l’episodio di Carzano. a Carzano, infatti, un ufficiale sloveno, il Capitano pivko,
             coadiuvato da elementi cecoslovacchi, si era accordato con pettorelli  Lalatta
             per lasciare indifeso un tratto di fronte e permettere l’infiltrazione – e forse il
             conseguente sfondamento- da parte dei nostri. L’indecisione del generale pre-
             posto all’operazione non permise la realizzazione del piano e a stento pivko e i
             congiurati poterono essere recuperati.
                Sono infatti gli uomini di pivko, passati dalla nostra parte, a formare nell’ot-
             tobre del ’17 il primo “reparto di contatto”. Compito di questo- e di tutti gli altri
             che verranno- è quello di portarsi agli avamposti, più che per effettuare colpi di
             mano, per agganciare, invece, con la propaganda elementi dell’ esercito nemico
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