Page 354 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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354 il 1918. la Vittoria e il Sacrificio
D’altro canto, trovare un punto di convergenza fra la posizione italiana e
quella statunitense non era agevole. Le divisioni interne al governo e al Parla-
mento (già in sé di difficile composizione) si saldavano, infatti, agli umori di
un’opinione pubblica in cui le istanze “massimaliste” stavano prendendo piede
e per la quale l’ottenimento dei compensi definiti dal patto di Londra acquisiva
un peso simbolico crescente, anche alla luce dei sacrifici che il Paese aveva fatto
e che continuava a fare. E’ su questo fertile terreno di coltura che si radicano il
mito e la retorica della “vittoria mutilata”, che come timore e artificio discorsivo
precede la stessa fine delle ostilità . Anche all’incapacità dei rappresentanti sta-
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tunitensi di capire questa posizione si legano i problemi che avrebbero punteg-
giato la conferenza della pace. Il 15 novembre, il “colonnello” House invitò Son-
nino a fondare le richieste italiane alla conferenza della pace su considerazioni
di sicurezza nazionale e gli suggerì di «non presentare la causa italiana prima
che la Gran Bretagna avesse presentato la propria [...] e che la Francia avesse
spiegato perché dovesse rettificare il suo confine orientale proteggersi dai suoi
nemici» . Anche se apparentemente appoggiato da uno stretto collaboratore di
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Wilson, il suggerimento era in aperta contraddizione con l’enfasi del Presidente
sui temi della sicurezza collettiva. Nella visione generale di Wilson, la sicurezza
italiana nell’Adriatico era un prodotto della stabilità dello spazio post-Asburgico
nel suo insieme, stabilità che, a sua volta, richiedeva la nascita di un soggetto na-
zionale jugoslavo nella parte orientale del bacino, nonostante le disposizioni del
trattato di Londra. Il risultato sarebbe stato l’esplodere dello scontro fra Roma e
Washington, scontro la cui principale conseguenza sarebbe stata quella mettere
in luce l’isolamento italiano in tutta la sua gravità.
Il già ricordato travaso di personale dall’Inquiry alla delegazione trattante
avrebbe rafforzato queste dinamiche, confermando la fede del Presidente nell’e-
sistenza di una posizione “garantita”, “scientifica” che gli Stati Uniti avrebbero
potuto assumere e sostenere “contro tutto e contro tutti”. L’attenzione posta de-
gli esperti statunitensi sulle dimensioni etniche e demografiche della “questio-
del 23 febbraio 1918, pp. 16066 ss.; per Sonnino cfr. pp. 16066-72 (16068).
22 Le radici dell’espressione e del mito che essa sottende si trovano nella preghiera di Sernaglia,
pubblicata da Gabriele D’annunzio sul Corriere della Sera il 24 ottobre 1918. affermatasi
presto come rivendicazione e al contempo atto d’accusa alla debolezza della classe politi-
ca liberale, la “vittoria mutilata” si sarebbe imposta come una narrazione potente dell’Italia
postbellica. Com’è stato osservato: «[l]a febbre della vittoria mutilata si esaurì in pochi mesi,
anche per il profilarsi di nuovi problemi e di nuovi conflitti […] Ma ormai il danno era stato
fatto. Grazie alla sindrome da vittoria mutilata, l’Italia aveva vissuto un dopoguerra più da
paese vinto che da paese vincitore: con conseguenze tutt’altro che trascurabili sulla coesione
della società civile e sulla solidità delle istituzioni» [G. Sabbatucci, La vittoria mutilata, in G.
Belardelli et al., Miti e storie dell’Italia unita, Bologna, 1999, pp. 101-106 (106)].
23 Cit. in Rossini, L’america riscopre l’Italia, cit., p. 96. La traduzione (come le altre presenti
nel testo, ove non diversamente indicato) è personale.