Page 355 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
P. 355
V SeSSione - ProSPettiVe del 1918. Alcune StrAtegie Politico diPlomAtiche 355
ne italiana” era in gran parte il prodotto di questo approccio “tecnocratico” e
contrastava in modo stridente con la posizione più “politica” di Roma. Dietro
l’insistenza di Sonnino sulla piena applicazione del patto di Londra, vi erano,
infatti, sia ragioni d’ordine interno che internazionale. La nascita di uno Stato
jugoslavo nei confini richiesti dal Comitato nazionale e sostanzialmente avallati
da Washington avrebbe compromesso sia i vantaggi territoriali sia i benefici stra-
tegici la cui acquisizione aveva spinto l’Italia nel conflitto. Essa avrebbe posto
in mano jugoslava la costa orientale dell’Adriatico, che, con le sue isole, le sue
insenature e la sua orografia tormentata, dominava il piatto litorale occidentale,
riproponendo così il problema della sicurezza italiana; allo stesso tempo, essa
avrebbe ridimensionato il ruolo strategico del controllo dello Stretto di Otranto,
ridotto a “semplice” imboccatura del cul de sac adriatico. Infine, qualsiasi con-
cessione alle richieste jugoslave avrebbe finito per delegittimare ulteriormente
un governo già sotto attacco da un lato per i suoi rapporti con Trumbić e gli altri
leader nazionalisti, dall’altro per la sua apparente debolezza e per la presunta
acquiescenza alle pressioni degli alleati.
Considerazioni conclusive
Il 1919 sarebbe stato – oltre che l’anno della pace (almeno quella formale) –
quello della grande frattura fra Europa e Stati Uniti. Con la firma del trattato con
la Germania (Versailles, 28 giugno), l’interesse del Presidente Wilson per gli af-
fari del Vecchio continente sarebbe di molto scemato, superato dalla più pressan-
te necessità di fare ratificare il documento da un Congresso in buona parte ostile.
Al contempo, le Potenze europee si sarebbero sentite libere di procedere sostan-
zialmente indisturbate alla definizione dei nuovi assetti politici e territoriali nello
spazio ex asburgico (dove, peraltro, già gli ultimi mesi del 1918 avevano pro-
dotto stati di fatto che si sarebbero dimostrati assai resistenti al cambiamento),
in Bulgaria e nei territori dell’ex Impero ottomano, destinati a diventare presto –
insieme con l’instabile Germania – il fulcro delle loro preoccupazioni. Tuttavia,
nonostante quello che la letteratura indica come il “ritorno all’isolazionismo”
delle presidenze Harding (1921-23), Coolidge (1923-29), Hoover (1929-33) e
della prima parte della presidenza di Franklin Delano Roosevelt (1933-45), gli
Stati Uniti non avrebbero mai smesso davvero d’interessarsi alle vicende d’Ol-
treatlantico. Soprattutto, il reticolo d’interessi prodotto dalla guerra si sarebbe
dimostrato difficile da sciogliere, così come si sarebbe dimostrato difficile, per
Washington, ridimensionare il ruolo che la guerra le aveva fatto assumere sulla
scena internazionale.
Per l’Europa (e per l’Italia in particolare), si sarebbe aperto un periodo di
turbolenza e d’incertezze. Pur senza riuscire a conseguire tutti gli obiettivi che
si era proposta, l’azione di Wilson a Parigi, sommata alle dinamiche innescate
dalla fine del conflitto, sarebbe riuscita, infatti, a scardinare, in vari teatri, gli ac-