Page 127 - Il 1919. Un’Italia vittoriosa e provata in un’Europa in trasformazione. Problematiche e prospettive - Atti 11-12 novembre 2019
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II Sessione - L’eredità della guerra                                  125




                 Pesanti commenti e ironie di ogni genere accolsero Elisa Comani, iscritta al-
              l’albo dei procuratori di Ancona nel 1919, esperta di diritto commerciale e penale.
              Socialista e femminista prese le difese di quelle donne che gli ex combattenti
              avrebbero voluto far rientrare, a guerra finita, nella sfera domestica.
                 Nel 1921 erano 85 le donne iscritte agli albi degli avvocati, ma di queste poche
              esercitarono effettivamente la professione. 17
                 Più lento l’accesso al notariato. La prima donna a ottenere l’iscrizione al regi-
              stro dei praticanti notai fu Adele Pertici nel 1920, ma la prima donna notaio fu
              Elisa Resignani che nel 1927 prese possesso della sede di San Germano Vercellese,
              in provincia di Novara. 18

              Il mancato diritto di voto alle donne nel 1919

                 La Grande Guerra aveva cambiato, come abbiamo visto, la fisionomia di ge-
              nere e la tradizionale divisione del lavoro nelle fabbriche, negli uffici, nelle cam-
              pagne. Questo mutamento, che attraversò tutta la società europea e non solo, è
              alla base della concessione del voto alle donne in molti paesi: Danimarca (1915),
              Olanda e Russia (1917), Germania, Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria,
              Lettonia, Estonia, Lituania (1918), Belgio (1921), Gran Bretagna (tra il 1918 e il
              1928) e, fuori dall’Europa, gli Stati Uniti (1920). 20
                   19

              17  TACCHI, F., Eva togata op. cit., p. 54-57.
              18  COLOMBO, M., Pregiudizio di casta. I Notai italiani tra storia e attualità. Infinito Edizioni, For-
                 migine (Modena) 2012, p. 65.
              19  Nel 1918 il Parlamento del Regno Unito approvò la proposta del diritto di voto limitato alle
                 mogli dei capifamiglia con certi requisiti di età (sopra i 30 anni) che furono ammesse al voto
                 politico. Solo più tardi, con la legge del 2 luglio 1928, il suffragio fu esteso a tutte le donne
                 del Regno Unito.
              20  È culturalmente interessante sottolineare che la concessione del voto da parte dei governi in-
                 glese e americano non fa «riferimento alla lunga storia delle idee di individualità e di cittadi-
                 nanza femminili, e solo si parla di un premio per il comportamento patriottico delle donne
                 nel corso della guerra e delle forme di sostegno da esse date alla patria». Dunque il voto arriva
                 tradendo «il senso di una lunga battaglia, perché viene collocato non sul nuovo piano dei
                 diritti, come tre generazioni di suffragiste avevano voluto, ma sul piano tradizionale dei servizi
                 resi dalle donne» (ROSSI DORIA, A., Rappresentare un corpo. Individualità e “anima collettiva” nelle
                 lotte per il suffragio, in BONACCHI, G., GROPPI, A. (a cura di), Il dilemma della cittadinanza. Di-
                 ritti e doveri delle donne. Laterza, Roma-Bari 1993, p. 100). L’ostilità alle donne in politica resta
                 comunque forte se è vero che un grande statista come Churchill non riusciva a capire perché
                 le donne dovessero votare (non perché inferiori, ma diverse) e potessero sedere in Parlamento.
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