Page 139 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Il comando della Legione Carabinieri di Palermo
della Legione Carabinieri di Palermo sembra essere stato vanificato sia dagli impre-
vedibili epiloghi giudiziari dei processi di Bari e di Catanzaro sia dalla travolgente
recrudescenza della strategia omicidiaria attuata da Cosa Nostra tra il 1969 e il 1970
che, tra l’altro, comincia anche ad alzare il tiro verso obiettivi sempre più rilevanti. E
con l’espressione «siamo senza unghie» sembrerebbe quasi tradire uno scoramento tra
gli addetti ai lavori per aver visto vanificati anni di lavoro investigativo. Egli denuncia
chiaramente l’inadeguatezza degli strumenti legislativi disponibili per fronteggiare
una minaccia soverchiante, culturalmente vincente assolutamente impermeabile.
Immagini relative ad alcune fasi dei
noti processi di Catanzaro e di Bari.
Foto da fonti aperte
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Anche questa volta, il Presidente della Commissione spinge il discorso sull’ambiente
politico e sulla pubblica amministrazione. Stavolta, il linguaggio del Col. dalla Chiesa
è molto più diretto, va dritto al cuore del problema. L’affermazione così politica-
mente corretta fatta poco meno di due anni prima («[…] Ma, in linea di principio e
di massima, io ritengo, anche per il rispetto che ho per l’eletto del popolo, che non
debba essere ammesso come dato di fatto certo e, soprattutto, come dato di fatto
attuale, che il politico possa essere condizionato dal mafioso») lascia ora posto a una
descrizione nuda e cruda dello scandaloso intreccio tra mafia e politica, tra mafia
e pubblica amministrazione che l’attività informativa e investigativa riscontrano:
Onorevole Presidente, la Pubblica amministrazione è soggetta, come in tutte le latitudini, a
quelle denunzie di corruttela, che non credo siano la prerogativa di Palermo. È vero, tuttavia,
che a Palermo esiste un problema che altrove non esiste, cioè che c’è questo sottofondo, questo
scenario che attinge alle tradizioni mafiose, che non sono affatto regredite rispetto al passato
e che quindi porta anche il politico a contatto, se non diretto, tramite però quel diaframma
(che io chiamo quello dei costruttori) che finisce per fare da osmosi, da parete attraverso la
quale gli uni raggiungono gli altri. L’attività della mafia, intesa in senso autentico e cioè della
mafia cittadina, quella che si è trasferita alla ricerca delle aree edificabili, quella che si dedica
alle permute dei terreni, alle senserie, in vista di ottenere valorizzazioni che comportano poi
varianti ai piani regolatori o licenze particolari, ha anche altre attività a latere quali quelle
dei trasporti, della fornitura dei materiali, dell’assunzione di manodopera o di guardiania.
È in questo contesto che entra in gioco, in un certo momento, il costruttore, l’imprenditore,
il quale è lui che deve realizzare praticamente quanto il mafioso ha creato come substrato.
[…] Entra in gioco appunto l’Organo preposto alle licenze, alle valutazioni, ecc. Ora, ci sono
fatti ai quali penso loro intendono riferirsi e che sono noti, insomma, non sono da affrontare
dall’Arma, in quanto si tratta di Organi amministrativi, di Organi politici, ma è certo che
l’opinione pubblica ne è investita in pieno. Ci sono state licenze che hanno effettivamente
suscitato stupore al di là di ogni limite. Quella, per esempio, di Via Cilea che, ad un certo
momento, invece di andare a […] viene dirottata “a baionetta” per pretendere poi dalla ditta
che era concorrente un corrispettivo per un danno che l’altro aveva subito. Insomma sono
cose che si leggono, si avvertono, cioè, attraverso anche la lettura degli atti, non c’è bisogno
che io insista. Ci sono altri elementi, altri fattori che portano il personaggio politico ad essere
oggetto di critiche, chi più e chi meno, per un suo comportamento in privato; ma, non so se
possa competere a me né come Comandante della Legione dei Carabinieri, né come ufficiale