Page 244 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
da Pistoia), e il Cap. Umberto Bonaventura che rientrò a Milano, mentre tra i nuovi
arrivi si ricorda il Cap. Giampaolo Sechi, già presente sullo scenario operativo tori-
nese in quanto in servizio a Moncalieri (TO).
Il ricambio di Personale, comunque piuttosto contenuto, se da un lato causò un
momento di isteresi, dall’altro beneficiò dell’innesto di forze fresche che apportaro-
no nuova linfa. Anche i Militari avvicendati rientrarono pienamente soddisfatti al
proprio incarico, consapevoli di aver offerto un contributo significativo nella lotta al
terrorismo e di aver acquisito una notevole esperienza utile ad affrontare, in modo
efficace, l’insorgenza di fenomeni criminosi di analoga natura nelle rispettive giuri-
sdizioni di competenza.
Il Cap. Bonaventura non mancò di fornire la sua preziosa collaborazione da Milano,
con precisi riscontri informativi su fatti e soggetti gravitanti nell’area milanese.
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6. L’EVASIONE DI RENATO CURCIO
Negli ultimi mesi del 1974 e agli inizi del 1975, grazie all’accurata analisi della
documentazione sequestrata a Robbiano di Mediglia, i Carabinieri del Gen. dalla
Chiesa riuscirono a identificare numerosi fiancheggiatori dei brigatisti, definiti per il
loro ruolo non organico «irregolari», ed eseguirono numerose perquisizioni in diverse
lui ed i due agenti della scorta Saponara e Deiana un giorno in cui nostro padre, per qualche
ragione, era stato impossibilitato ad andare anche lui insieme a loro. Ricordiamo che papà si
rammaricò moltissimo di non averlo potuto difendere e che noi pensammo con un brivido che
probabilmente non lo avremmo rivisto mai più se quel giorno lo avesse fatto.
Del Generale Dalla Chiesa abbiamo un ricordo simpatico, perché le nostre rispettive famiglie
s’incrociarono, poco tempo dopo la costituzione del nucleo anti-terrorismo, in una breve vacan-
za presso il soggiorno montano dei Carabinieri di Merano: l’arrivo del Generale era atteso da
tutti nel soggiorno con una certa apprensione, poiché sicuramente già a quei tempi si avviava ad
essere un personaggio leggendario, ma egli si dimostrò una persona cordiale con tutti e con cui,
insieme alla moglie Dora, la nostra famiglia trascorse una piacevole giornata ad Innsbruck, di
cui ricordiamo solo scherzose schermaglie fra lui e nostro padre.
Infine, dell’arresto dei brigatisti fondatori delle BR, Curcio e Franceschini, l’azione in cui culminò
l’attività di nostro padre nel nucleo storico dell’anti-terrorismo, non ricordiamo granché. Sicu-
ramente, da ufficiale dei Carabinieri integerrimo quale egli era, non ha mai desiderato mettersi
in mostra o vantare i suoi meriti, ed a maggior ragione neanche in famiglia lo fece mai. Difficile
d’altronde trovare persino sue fotografie insieme al Generale Dalla Chiesa o agli altri uomini
del nucleo: crediamo che questa estrema riservatezza fosse anche una misura prudenziale atta
a proteggere soprattutto i familiari da qualsiasi possibile ritorsione. Né mai, in seguito, egli ha
voluto in alcun modo scrivere libri o saggi sulla sua esperienza di quegli anni, anche se in tanti
glielo chiedevano, visto che l’aveva vissuta in prima persona: non era proprio nel suo stile, preferì
nell’ultima parte della sua vita dedicarsi agli Orfani dell’Arma dei Carabinieri, presiedendone
con passione la meritoria Opera Nazionale di Assistenza ONAOMAC.
Tuttavia, un episodio sull’arresto dei due brigatisti ci fu raccontato da nostro padre, e a distanza
di tanti anni vogliamo portarlo a conoscenza perché pensiamo sia particolarmente significativo.
Vi fu un inseguimento in automobile a Pinerolo, alla fine del quale l’auto su cui viaggiavano i
terroristi venne affiancata e fermata: nel trambusto, il brigatista Curcio ebbe comunque modo
di complimentarsi con papà perché l’operazione era stata condotta nel migliore dei modi, senza
alcuno spargimento di sangue.
Ecco, questo era nostro padre e questo era lo spirito del primo nucleo antiterrorismo concepito
dal Generale Dalla Chiesa. Pensiamo, senza retorica, che nostro padre e tutti quegli uomini, come
quelli che li seguirono sul loro esempio, contribuirono a salvare in quegli anni la Democrazia in
Italia.
Fra i sentimenti che proviamo oggi a ripensare a quei tempi, l’orgoglio sicuramente predomina.
Giovanna e Angelica Franciosa