Page 249 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Il Nucleo Speciale di Polizia Giudiziaria di Torino
complice, su una delle due automobili ferme nei pressi della cascina. Poiché però la
strada era sbarrata dall’auto dei Carabinieri, strategicamente posizionata all’inizio del
viottolo che conduceva alla provinciale, i due tentarono di speronare l’autoradio per
guadagnare la via di fuga, senza riuscirci. Sottoposti a loro volta al fuoco dell’App.
Barberis, il malvivente fuoriescì dalla vettura gridando di essere entrambi feriti e di
volersi arrendere. Il militare smise di sparare, intimò ai due di alzare le mani e di
spostarsi verso una vicina radura ove poterli controllare meglio. Ma, dopo pochi
passi l’uomo, occultandosi dietro la donna, estrasse dal giubbotto un’altra bomba a
mano e la lanciò all’indirizzo di Barberis che, prontamente, si gettò in avanti e riuscì
a sparare colpendo a morte la donna nonostante la deflagrazione ravvicinata del
manufatto esplosivo. Il secondo malfattore approfittò della concitazione del momento
e si lanciò nella boscaglia inseguito invano dall’App. Barberis che ritornò sui suoi
passi per soccorrere l’App. D’Alfonso . 245
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Da un piccolo vano a piano terra si sentirono grida d’aiuto. Era Vittorio Vallarino
Gancia, rapito il giorno prima. La donna uccisa era Margherita Cagol, detta «Mara»,
moglie di Renato Curcio: addosso le rinvengono dei documenti falsi, intestati a tale
Vera Perino, così come falsa risulta essere l’identità dell’intestataria del casolare, a
nome di una certa Marta Caruso. L’App. D’Alfonso morì poco dopo. Il terrorista
fuggito non è stato ancora identificato.
Sul tragico epilogo del sequestro di Vittorio Vallarino Gancia, molte considerazioni,
alcune improbabili se non infondate, furono sollevate dai media che fecero inequi-
vocabilmente emergere gravi errori di pianificazione, organizzazione e condotta
dell’operazione da parte delle Brigate Rosse, le quali non mancarono, attraverso
un documento rinvenuto in un covo brigatista alcuni mesi dopo, di riconoscere gli
errori commessi non solo in fase esecutiva, come ad esempio l’inadeguato livello di
vigilanza da parte di uno dei carcerieri di Vallarino Gancia, che si sarebbe addirit-
tura addormentato non avvedendosi dell’arrivo dei Carabinieri del Ten. Rocca, e il
comportamento del brigatista Maraschi che, con l’autodichiarazione di prigioniero
politico, indirizzò immediatamente gli investigatori sulla pista terroristica, ma anche
nella scelta di un covo ubicato in zona isolata e, quindi, facilmente ricollegabile all’e-
vento delittuoso. Senza considerare le censure che il documento clandestino attribuiva
all’atteggiamento eccessivamente difensivistico di Mara Cagol e del complice rimasto
ignoto i quali, anziché «ricercare l’annientamento del nemico» si sarebbero «illusi
di potersi defilare».
05.06.1975. Sopralluogo dei Cara-
binieri dopo il conflitto a fuoco av-
venuto a Cascina Spiotta (Arzello).
Foto da fonti aperte
29 Dall’articolo Il sequestro, l’assalto, le ferite del Tenente e il corpo di Mara, di Mario Bocchio su CR
Piemonte del 5 giugno 2020.