Page 248 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo



                                              ter attivamente partecipare all’azione delittuosa che, nel frattempo, fu ugualmente
                                              avviata e portata a conclusione.
                                              Alle stringenti domande circa la sua identità, sul motivo per il quale si trovasse in
                                              zona così lontana dalla sua residenza e per altro ancora, Maraschi, nel rispetto delle
                                              direttive emanate dalle BR dopo l’evasione di Curcio, si dichiarò, tanto inaspettata-
                                              mente quanto improvvidamente, prigioniero politico, contribuendo a svelare la reale
                                              paternità dell’azione delittuosa portata a compimento dai suoi complici.
                                              Le ricerche da parte delle Forze di Polizia, pertanto, furono ulteriormente intensificate
                                              in tutta la zona per l’intera la notte e anche l’indomani mattina sino al tragico epi-
                                              logo di cascina Spiotta d’Arzello. Il 5 giugno 1975, giorno in cui si celebrava il 161°
                                              Annuale della fondazione dell’Arma dei Carabinieri, resterà nella storia del contrasto
                                              al terrorismo italiano di matrice brigatista, per il modo drammaticamente cruento
       244                                    in cui si concluse il sequestro di Vittorio Vallarino Gancia. Intorno alle 11,30, i due

                                              brigatisti che detenevano l’ostaggio (Mara Cagol e un altro complice, rimasto tuttora
                                              sconosciuto) si fanno sorprendere dall’arrivo di un pattuglione di Carabinieri  che,
                                                                                                                     28
                                              evidentemente, aveva la cascina Spiotta tra gli obiettivi sensibili da controllare, per
                                              verificare l’eventuale presenza di persone sospette. Il Tenente Umberto Rocca, avendo
                                              constatato la presenza, sotto il porticato della cascina, di due autovetture (una Fiat
                                              127 e una Fiat 128) non chiuse a chiave, ordinò a uno dei tre militari che erano con
                                              lui di accertare con la Centrale Operativa della Compagnia Carabinieri di Acqui
                                              Terme i nominativi rilevati dai documenti di circolazione delle due auto, mentre
                                              egli, insieme al Maresciallo Cattafi, bussò con tutte le cautele del caso alla porta, su
                                              cui era riportato il nominativo «Dott. Caruso», Nel frattempo, l’App. D’Alfonso si
                                              posizionò tra alcuni manufatti, in posizione di osservazione, mentre l’App. Barberis
                                              si appostò sul retro della cascina. Nessuna risposta dall’abitazione, nemmeno dopo
                                              la perentoria reiterazione della richiesta da parte del Ten. Rocca di aprire la porta,
                                              rivolta agli eventuali occupanti del rifugio. Eppure dall’interno si udiva un rumore
                                              tipico delle radio in dotazione alle Forze di Polizia (verosimilmente radio trasmittenti
                                              collegate sulle frequenze dell’Arma dei Carabinieri). A un certo punto, attraverso
                                              le persiane di una finestra del primo piano, il Ten. Rocca riuscì a intravedere una
                                              donna che scrutava furtivamente verso l’esterno che, alla perentoria intimazione
                                              dell’Ufficiale di scendere al piano terra e di aprire la porta di ingresso della cascina,
                                              si ritrasse immediatamente.
                                              Poco dopo, un uomo aprì finalmente la porta, invitando i militari a entrare, poi
                                              improvvisamente lanciò una bomba a mano in direzione del Ten. Rocca che, nel
                                              tentativo di evitare di essere colpito al capo da quell’involucro, sollevo istintivamente
                                              il braccio contro il quale impattò l’ordigno, che esplose a distanza ravvicinatissima,
                                              con conseguente pressoché totale tranciamento dell’avambraccio sinistro e gravis-
                                              sima offesa all’occhio sinistro. Il Mar. Cattafi, benché colpito da numerose schegge,
                                              sparò diversi colpi contro le finestre e la porta. Accortosi delle gravi ferite riportate
                                              dal Ten. Rocca, benché ferito seriamente egli stesso, lo sollevò di peso sottraendolo
                                              al fuoco avversario, trascinandolo per circa 100 metri di terreno ripido e aspro fino
                                              alla strada provinciale. Fermò un’auto di passaggio e chiese al conducente di portare
                                              il Tenente all’ospedale di Acqui. Dalla cascina, dopo aver lanciato un’altra bomba,
                                              uscirono un uomo e una donna diretti ai capannoni. D’Alfonso avanzò per bloccarli
                                              con l’arma in dotazione individuale, ma fu attinto da una raffica alla testa, al torace
                                              e all’addome. Nonostante i colpi ricevuti, l’App. D’Alfonso sparò l’intero caricato-
                                              re, attingendo verosimilmente la donna, che riuscì comunque a salire, insieme al


                                              28  Composto dal Tenente Umberto Rocca, Comandante della Compagnia Carabinieri di Acqui
                                              Terme, il Maresciallo Maggiore Rosario Cattafi, Comandante della Stazione capoluogo, e gli
                                              Appuntati Giovanni D’Alfonso e Pietro Barberis. I primi 3 in uniforme, l’ultimo in abiti civili.
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