Page 275 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Il periodo da Coordinatore del servizio di sicurezza
che EGLI rappresentava il personaggio più efficace di cui disponesse lo Stato per
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dare un’adeguata risposta al terrorismo.
E anche in quell’occasione, il Gen. dalla Chiesa ripercorrerà lo schema strategico
posto in essere ai tempi del Nucleo Speciale, basato su un gruppo di uomini for-
temente coesi tra loro, diretti da giovani Ufficiali con piena libertà di operare con
creatività, innovazione e senza i tradizionali limiti giurisdizionali a cui erano abituati
i reparti territoriali delle Forze di Polizia. Anche stavolta, prima di passare alla fase
operativa, si procedette a un’accurata analisi della struttura organizzativa dei sodalizi
terroristici da ingaggiare, del loro modus operandi, dei contenuti dei documenti di
rivendicazione diffusi o rinvenuti nei vari covi scoperti.
“Il terrorismo, dichiara, deve sentirsi aggredito e noi dobbiamo dare ai cittadini la sensa-
zione che ci siamo e non abbiamo paura”. Egli ribadisce un concetto per lui elementare: 271
“[…] il terrorismo si può battere, e (come non si stancherà mai di sostenere) lo si può
fare anche velocemente sfruttando intensivamente ogni successo, e senza mai lasciare
all’avversario il minimo spazio per riorganizzarsi […]”. Visti i risultati, non si può non
concordare con queste affermazioni, anche se in quegli anni però esse non erano poi
così tanto condivise. Il terrorismo era ritenuto da molti un dato ormai endemico della
politica nazionale. “I partiti maggiori si erano rassegnati a considerare il «partito ar-
mato» come un soggetto stabile del quadro politico, rispetto al quale definire proprie
identità, differenze e strategie” […] “Di più: l’esistenza del partito armato diventa una
coperta, dolorosa per il Paese, utile per avvolgere e nascondere le realtà più ingombranti
[…]. Al Ministro tuttavia mio padre chiede anche due cose. La prima: di tutelare ai
massimi livelli la funzione di coordinamento spettante al suo Ufficio, per difendere la
serenità e – come sempre – il «prestigio» dei suoi uomini. La seconda: di dar corso a
quelle misure non legislative promesse per prosciugare l’acqua in cui nuotano “i signori
della guerra” […] “Certo, come egli ripeterà sulla base della sua esperienza, ogni blitz,
ogni successo allontana i fiancheggiatori e fa sparire i simpatizzanti. E vi è in questo
convincimento una profonda intuizione che è insieme politica e militare” .
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La riservatezza era un abito mentale che ciascuno dei componenti dei suoi Reparti
antiterrorismo non doveva mai smettere; anche la compartimentazione delle diverse
squadre del dispositivo investigativo rispondeva a questa logica, sulla falsariga peraltro
della medesima modalità organizzativa seguita dalle bande armate, in particolare
le Brigate Rosse, al fine di prevenire che confessioni da parte di arrestati o delazioni
propalate da terroristi o irregolari infedeli potessero compromettere l’intera struttura
criminale. Per questo, tutti i componenti del Nucleo del Gen. dalla Chiesa avevano
un «nome di battaglia», da utilizzare in ogni azione operativa al fine di evitare che i
terroristi potessero disporre di elementi utili all’identificazione dei singoli operatori di
polizia. Nelle metodologie operative adottate, si consolidò sempre più la dottrina dei
c.d. «rami verdi», consistente in una ben precisa strategia investigativa che prevedeva,
in fase di intervento repressivo, di lasciar fuori alcuni filoni di indagine ancora da
sviluppare al fine di non perdere il «contatto informativo», faticosamente acquisito,
con la realtà eversiva individuata, di condurre lo sforzo in profondità, identificando
le articolazioni ancora non note dell’organizzazione terroristica o delineando quelle
che andavano costituendosi.
3 Come sarà, da quel momento, cripticamente e affettuosamente chiamato dagli appartenenti
all’Organizzazione Anticrimine dell’Arma dei Carabinieri, unitamente ad altri due nomi di
battaglia (Dallas e Ufo).
4 Dal volume C.A. dalla Chiesa, op. cit.