Page 29 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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L’invio sul fronte Montenegrino e la resistenza nelle Marche
per sequestrare i motopescherecci. Tutti furono dell’idea di agire. Papà e dalla Chiesa
si adoperarono per avvertire, andando casa per casa, gli equipaggi e gli armatori
dell’imminente partenza che sarebbe avvenuta a mezzanotte in punto.
A mio padre fu affidato il compito di dirigere le imbarcazioni verso i porti del Sud
in mano agli Alleati e di salvare quanti più pescherecci fosse possibile in quella stessa
notte.
Prima di morire, mia madre mi diede un foglio contenente l’ordine di missione
affidato a mio padre, a firma dalla Chiesa, e mi disse di nasconderlo bene. Ricordo
che era una sorta di negativo di quel documento infatti era scuro e si poteva leggere
soltanto ponendolo al contrario verso una fonte luminosa. Io lo misi nell’ultima pa-
gina dell’ultimo libro di una libreria di casa. Purtroppo mio fratello Riccardo, venuto
un giorno a trovarci a San Benedetto, decise di disfarsi di un po’ dei tanti libri che
c’erano in casa e fu così che quel prezioso documento andò al macero. 25
Il dispaccio che era stato emanato recitava “[…] Prima di mezzanotte bisogna av-
vertire gli armatori e i pescatori dei pescherecci di recarsi al porto, facendo molta
attenzione perché ci sono le sentinelle tedesche lì e di imbarcarsi portando con sé
viveri a sufficienza perché questo allontanamento di tutta la flottiglia peschereccia
avrà un tempo non prevedibile”.
Dalla Chiesa e mio padre andarono ad avvertire tutti gli interessati quella notte.
Nonostante la sorveglianza delle sentinelle tedesche, tutti riuscirono a imbarcarsi.
Fu imbarcata, per paura di rappresaglie, anche una bambina di nome Elettra che
negli anni ho cercato, ma mai rintracciato.
A mezzanotte in punto, eludendo la sorveglianza delle sentinelle tedesche, ben 15
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natanti presero il largo quella notte».
Annelise leggendo le memorie del padre riferisce:
«I natanti si allontanarono dal porto in ordine sparso; presero il largo a fanali spenti
e nel massimo silenzio a una distanza tale che potessero scorgersi a occhio nudo.
Finsero di dirigersi verso la Jugoslavia, ma dopo due ore di navigazione, cambiarono
rotta e si diressero verso Sud, nei porti dell’Italia liberata. Non furono avvistate navi
durante la navigazione e nessun fatto turbò la tranquillità di quella notte. Alle 10:00
del 5 ottobre, in vista delle Tremiti, ritenendo ormai superata la zona pericolosa,
i pescherecci si sparpagliarono. Alla fine tre di essi, compreso quello sul quale era
imbarcato mio padre, si diressero verso Manfredonia, dove giunsero alle 17:00 circa;
gli altri si diressero invece verso il porto di Termoli dove infuriava la battaglia.
Papà seppe in seguito che alcuni natanti non erano potuti entrare in quel porto: furono
costretti a ripiegare su Vieste; altri ripiegarono sulle Tremiti. Comunque tutti giunsero
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felicemente in salvo. Venne così portata a compimento l’“Operazione Nebbia” .
Risale al 24 agosto 1944 una relazione redatta da mio padre, indirizzata al maggiore
Postiglione, da cui si possono ricostruire tutti i dettagli dell’operazione».
Annelise prende il documento e ne legge un passo.
«I tedeschi all’indomani, giunti a San Benedetto, non trovando l’ombra di un’imbar-
cazione, infuriati, cercarono di scovare chi, a loro avviso, avesse potuto organizzare
una cosa del genere. Pensarono subito a mio padre. Alle 7:00 del mattino si recarono
da mia madre e la trovarono con mio fratello Riccardo che aveva 5 anni. Minacciaro-
no di portare tutti in campo di concentramento. Per fortuna desistettero dal proposito.
62 Il numero sulle fonti non è riportato sempre coerentemente. A volte, si citano 15, a volte 16,
a volte 20 pescherecci.
63 Sull’annuncio radio emesso a seguito del compimento dell’«Operazione Nebbia» si è già detto
in precedenza.

