Page 320 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
in Jugoslavia in cui “a man” potrebbe significare grande vecchio, uomo di prestigio
così come io potevo essere chiamato (chiedo scusa per il riferimento personale), a
soli 22 anni, a quell’età ero “un vecchio” nell’ambito delle mie bande partigiane, ero
chiamato Vecchio […] Adesso la chiamano Dallas, replica il Commissario Lugnano,
“Sì, alla messicana”, sembra schernirsi il Gen. dalla Chiesa».
Dalle dichiarazioni di Patrizio Peci emerse un altro aspetto sino ad allora mai consi-
derato. Mentre la Magistratura e le Forze di Polizia utilizzavano gli esiti delle perizie
balistiche per attribuire al terrorista a cui veniva sequestrata l’arma i vari fatti di
sangue commessi con la stessa, utilizzando il paradigma investigativo del binomio
killer-arma da fuoco abitualmente seguito nelle indagini di criminalità organizzata,
ciò che si apprese allora era che le armi si spostavano da una città all’altra venendo
utilizzate da persone diverse per compiere ferimenti o omicidi in luoghi differenti.
316 Quindi, non era quasi mai lo stesso killer a colpire obiettivi ubicati in città diverse.
Tale inedito elemento conoscitivo verrà ripreso, sempre nella medesima audizione
dell’8 luglio 1980, dall’On.le Violante che espressamente domanda al Generale se
questa tecnica utilizzata dai brigatisti fosse frutto di una scelta strategica o del caso.
Il Gen. dalla Chiesa rispose testualmente:
L’ho considerato un fatto importante: Non so se sia una scelta fatta da loro (cosa che
mi sembra possibile, perché nella ricerca del mimetismo più assoluto anche questo
accorgimento può essere valido come tale). Altrimenti non vi sarebbe stata ragione
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che il Morucci desse la Nagant , per esempio, in Piemonte e che quest’arma lì restasse
come suo cadeau, come suo dono, in quanto esperto di armi, mentre invece altre armi
sono andate in giro: per esempio, Moretti aveva bisogno di compiere l’azione contro i
tre Agenti di Milano; si è fatto prestare una pistola da Torino e l’ha portata a Milano il
Micaletto. Oppure, quando ha restituito l’arma, ha restituito niente meno che quella
che era stata portata via ad un Agente di Roma. Vi è, quindi, una frammistione, talché
i periti, quando si trovano a dover dare una paternità ad una pallottola, ad un bossolo,
ad una rigatura, ad un estrattore, è chiaro che si fermano; se uno ha ucciso il tale, è vero
che ha ucciso anche il tal altro. Così, l’arma che ha ucciso il Rossa è la stessa (secondo il
perito) che ha ferito a Genova il Dagnino, e altrettanto si potrebbe dire per altre. Ora,
questo è accaduto sempre a Genova; ma quando si trova la stessa arma usata a Roma,
a Milano, a Torino, allora ciò, secondo me, fa parte di una strategia.
Il Giudice Giancarlo Caselli, considerato dai brigatisti uno dei peggiori nemici insie-
me al Gen. dalla Chiesa, dirà poi che la collaborazione di Peci avviene prima che ci
sia una legge a disciplinare tale specifica fattispecie. C’era soltanto una prospettiva
che quella legge fosse emanata, per la quale il Generale stava spingendo presso le
Autorità di governo.
Una volta trasferito a Pescara, Peci entra in contatto con i suoi familiari ai quali, du-
rante il primo colloquio, chiede di contattare la sua fidanzata brigatista, Maria Rosaria
Roppoli, per comunicarle la sua decisione di collaborare e riportarle il suo invito a
fare altrettanto. La donna, invece, rifiutata l’offerta del suo fidanzato, si consegna
alla Pubblica Sicurezza. In carcere, la Roppoli rivela ai suoi compagni di detenzione
la scelta collaborativa di Peci, il quale da quel preciso momento diventerà, per tutta
la galassia delle Brigate Rosse e della lotta armata di estrema sinistra, «Patrizio l’in-
fame». Dalle sue dichiarazioni discenderanno almeno 70 arresti e la scoperta di un
37 Revolver Nagant cal. 7,62, brevettata in Belgio nel 1984 da Leon Nagant, fu adottato l’anno
successivo dall’esercito zarista. Fu utilizzata dalle Brigate Rosse in numerosi attentati, tra cui il
più noto è l’omicidio del Vicedirettore de «La Stampa», Carlo Casalegno.

