Page 324 - Carte Segrete dell'Intelligence Italiana il S.I.M. in archivi stranieri
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dott. Sarnelli, impiegato fino a un anno prima nell’Istituto Italo Islamico di
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                 156   Anche il Tucci ave-  Roma del Professor Tucci,  un agente del S.I.M.  Inviato a effettuare un giro
                   va sempre inviato
                   dai  suoi  viaggi  in   conoscitivo nel Mar Rosso, si riteneva che l’ufficiale fosse stato incaricato di una
                   Medio Oriente e in   missione informativa militare e che agisse agli ordini del generale Cavallero,
                   Asia Centrale  inte-
                   ressanti rapporti al   allora comandante in capo delle truppe italiane in Etiopia. Il Sarnelli aveva una
                   Servizio  Informa-
                   zioni Militare, pri-  buona conoscenza dell’arabo e aveva vissuto in Yemen molto tempo: in parole
                   ma ancora che fos-  povere, era un dotto islamista. La nota specificava che la notizia era pervenuta
                   se S.I.M.
                                   da una fonte ‘altamente segreta’ e che doveva essere pertanto ‘maneggiata’ con
                                   notevole cura nella sua eventuale diramazione ad altri Servizi e Uffici.
                                      Il Deuxième Bureau francese (l’intelligence militare di Parigi), che ‘copriva’
                                   Rodi dalla Siria, riteneva nel 1939 che il vero centro dell’attività informativa
                                   italiana fosse a Rodi perché, era noto, tutti gli agenti inviati in Medio Oriente vi
                                   transitavano per lo svolgimento di un corso addestrativo. La tesi fu condivisa
                                   con gli inglesi e  solo in seguito entrambi i Servizi compresero che in realtà il

                 157   SHD, SHAT, 7N   vero centro per il Medio Oriente era ad Ankara. 157
                   2501; 2731; 2747.  A proposito delle missioni paracadutate, tra i documenti inglesi c’è la testi-
                                   monianza di una missione, fallita, di tre italiani che da Rodi furono lanciati sul
                                   Jebel (monte) Maaloula in Siria: Francesco Furetta, che proveniva dalla stazio-
                                   ne d’intercettazione di Guidonia, interrogato dai servizi francesi il 14 gennaio
                                   1943; Enrico Milani, appartenente al S.I.A. (che aveva organizzato la missione)
                                   interrogato a Beirut nel gennaio dello stesso anno; Alessandro Mantovani, un
                                   primo aviere. Anche da loro i francesi ottennero conferme circa il ‘Centro A’ (v.
                                   sotto) e soprattutto continuarono a ritenere che il cuore pulsante dell’attività
                                   informativa italiana fosse l’isola del Possedimento. La conoscenza della realtà
                                   si formava a mano a mano che riuscivano a catturare elementi coinvolti in mis-
                                   sioni di spionaggio.
                                      Sempre l’MI5, nel marzo del 1938,  rilevava di aver saputo dall’intelligence
                                   della Royal Air Force (R.A.F.)  in Cairo che uno dei principali agenti della mag-
                                   giore società di navigazione italiana (il nome non era rivelato) nel Mar Rosso,
                                   un giovane italiano che si faceva chiamare Mario Larice e  parlava un ottimo
                                   francese e inglese, era in realtà il sottotenente Bonelli, che aveva lavorato ad
                                   Addis Abeba fino all’ottobre 1937. Il ‘Larice’ era passato da Massaua ed era in
                                   viaggio per l’Egitto.
                                      Questo è uno dei numerosi casi di alert data su viaggiatori che potevano de-
                                   stare sospetti o dei quali si conosceva la vera identità ma in assenza di elemen-
                                   ti per arrestarli o, anche in presenza di riscontri, era più opportuno lasciarli
                                   circolare per avere migliore conoscenza degli intenti e della rete alla quale si
                                   appoggiavano.
                                      Gli inglesi controllavano tutti gli italiani che circolavano in Medio Orien-
                                   te, soprattutto commercianti, titolari di agenzie di navigazione e assicurazio-
                                   ni, viaggiatori isolati, come un certo colonnello ‘Bouta’ che sicuramente stava
                                   viaggiando in Medio Oriente in missione informativa. Veniva posta attenzione






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