Page 378 - Conflitti Militari e Popolazioni Civili - Tomo I
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378                                XXXIV Congresso della CommIssIone InternazIonale dI storIa mIlItare • CIHm

           nell’uno o nell’altro possano formare oggetto di una valutazione di liceità o illiceità” .
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              Giova ricordare che l’istituto giuridico dell’occupazione è definito come “un complesso
           di norme, vigenti nell’ordinamento internazionale generale, che regolano i rapporti di due
           poteri statuali coesistenti su di uno stesso territorio” . È evidente che in una mera situazione
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           di fatto si avrà l’applicazione di norme dello Stato occupante (per fare fronte alle proprie
           necessità belliche) e quelle dello Stato occupato per la regolare, per quanto possibile, vita dei
           suoi cittadini.
              Relativamente all’impiego delle truppe, è stato autorevolmente sottolineato che ove lo
           Stato occupante istituisca dei reparti di truppe ausiliarie per fini bellici ne consegue che gli
           atti compiuti da queste ultime siano da addebitare alla Potenza occupante, così da affermare
           che “l’attività dell’occupante, in quanto diretta al proseguimento della guerra, è regolata non
           solo dalle norme consuetudinarie e convenzionali, che regolano l’occupazione bellica: ma
           da tutte le norme che in qualsiasi modo disciplinano lo svolgimento delle operazioni belliche
           (ad es., dalle norme che vietano l’uso di proiettili deformanti, senz’altro applicabili alle ope-
           razioni compiute, nel territorio occupato contro organizzazioni partigiane)” .
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              L’occupante agisce in un territorio ben circoscritto (quello dello Stato occupato). Da ciò
           discende che il primo può agire ricorrendo all’applicazione del diritto internazionale o meno.
           In quest’ultimo caso chi occupa deve essere ritenuto il solo responsabile degli atti compiuti
           che eccedevano tali limiti internazionalmente condivisi. in tal modo si avrà una responsabili-
           tà diretta o indiretta del Paese occupante a seconda che le azioni illecite siano state compiute
           da organi dell’occupante o organi ed agenti locali dello Stato occupato al servizio della Po-
           tenza occupante .
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              In  linea  generale,  era  ancora  pienamente  applicabile  l’articolo  43  della  Convenzione
           dell’Aja del 1907 che prevedeva l’imposizione di due obblighi a carico dell’occupante, ov-
           vero “da una parte assicurare nei limiti del possibile, l’ordine e la vita pubblica, dall’altra di
           rispettare, salvo impedimento assoluto, le leggi in vigore nel territorio occupato” , con riferi-
                                                                              21
           mento all’ordinamento giuridico e alla struttura amministrativa del Paese sotto occupazione.
              L’occupante provvedeva, con atti di natura legislativa, a regolare una serie di aspetti le-
           gati alla vita quotidiana del territorio occupato. in particolare, secondo la concorde dottrina
           prevalente , ciò avveniva con atti denominati bandi, ordinanze e via dicendo.
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              A tal proposito, l’articolo 55 della legge di guerra italiana prevede ancora oggi che “l’au-
           torità militare occupante adotta tutti i provvedimenti necessari per ristabilire ed assicurare,
           per quanto possibile, l’ordine e la vita pubblica, mantenendo in vigore, salvo impedimento
           assoluto, le leggi del paese occupante”.


           17   Ivi, p. 76.
           18   Ivi, p. 85.
           19   Ivi, p. 87. Nel caso di una guerra tra Stati “la potenza che occupa militarmente una regione conserva il diritto
               di dare disposizioni alla polizia locale per il mantenimento dell’ordine e per la repressione di azioni militari
               irregolari, e di conseguenza anche per la caccia ai partigiani”, carl SchMitt, Teoria del partigiano, Milano,
               Adelphi, 2005, p. 39.
           20  a. Migliazza, L’occupazione cit., p. 90.
           21   Ivi, p. 95.
           22   ivi, p. 120.
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