Page 115 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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li, direzione e dislocazione) aggravata peraltro dalla quota di sorvolo superiore a
quanto precedentemente stabilito da Superaereo e dal fatto che sull'aereo di testa
della formazione, pilotato dal gen. B. A. Giuseppe Barba Comandante 1'11 ° Brigata
aerea «Nibbio», era presente un tenente di vascello osservatore della R. M. che av~a
identificato chiaramente le navi nemiche, inconfondibili <;on l' Eagle arretrata dopo
le n.n., e il gruppo navale italiano semicoperto da cortine fumogene con rotta S.W.,
posto a circa 15 miglia di distanza.
Mancato il tempestivo traguardamento al primo passaggio sulla verticale delle
navi ingl~si, a causa del complesso e macchinoso sistema di puntamento in uso sui
bombardieri italiani, le altre pattuglie della formazione ad imitazione di quanto fat-
to dal velivolo di testa (altra grave disfunzione operativa contemplata dai metodi di
tiro in auge nella R.A. e dalla mancanza di apparato interfonico tra velivoli e velivo-
li) non sganciarono le loro bombe e, nella presunzione che l'ufficiale puntatore
avrebbe riconosciuto le navi,la formazione virò per 180° ripassando nuovamente
sulla Squadra Navale italiana. Il puntatore, concentrato e intento a non perdere più
la nuova occasione, chino sul traguardo nella gondola inferiore del trimotore, non
si accorse che la formazione si era riportata con ampia virata sulle navi italiane e,
· traguardato l'obiettivo, premette la tastiera sganciando il carico di bombe imitato
fortunatamente non da tutti i velivoli, per intelligente intuizione di alcuni capi
equipaggio; anche se l'essere oggetto di forte tiro c.a. da parte delle navi poteva for-
nire, ed in taluni casi fornì, la convinzione che le unità attaccate fossero nemiche.
Ma indubbiamente e al di fuori polemicamente, degli errori intercorsi (nel1941 ae-
rei «Swordfish» attaccarono per errore lo Sheffield il cui comandante però non reagì
contribuendo a chiarire l'equivoco) resta pur sempre valido l'intervento dellhro-
nautica che col suo potenziale deterrente aveva posto un deciso alt ad ogni futura
velleità offensiva della Medite"anean Fleet.
3) Egeo/Dodecaneso (10-6-1940 - 28-2-1941)
Il possedimento italiano dell'Egeo, faceva parte del gruppo delle Sporadi meri-
dionali e si stendeva su un asse lungo 290 km con larghezza massima di 160 km
misurata in linea d'aria da Rodi a Caso.
Gli aeroporti di Rodi erano a 200 km dall'isola di Creta, 400 da Atene, 450
da Cipro, 500 da Alessandria, 600 dal Canale di Suez ma distavano oltre 1.000 km
dalla più vicina base aerea italiana rappresentata da Lecce/Galatina e non meno di
600 da Tobruk: una eccellente situazione strategica da un lato, una decentrata e dif-
ficile situazione dall'altro.
Le più importanti isole del Dodecaneso, erano in gran parte montuose e ina-
datte ad ospitarvi campi d'aviazione, e fra queste le più aeronauticamente attrezzate
erano:
Rodi con gli aeroporti di·Maritza e Gadurrà, il campo di manovra di Cattavia
e l'idroscalo di Mandracchio; Coo con un picc<?.lo aeroporto in località Antimachia
e Scarpanto, il cui campo era in costruzione all'inizio del conflitto, ricavatò dallivel-
lamento di una collina, ed infine l'idroscalo di Lero integrato da una striscia d'atter-
raggio a Xerocampo per velivoli leggeri.
Per quanto riguarda l' Aeronautica, il settore operativo del Dodecaneso ·non
ebbe sufficiente attenzione per tutto il corso della guerra e venne ingiustificatamen-
te sottovalutato e trascurato dallo Stamage e dallo S.M.R.A.
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