Page 125 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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La caduta di Bardia il5 gennaio- pilastro dello schieramento difensivo italia-
no- metteva in pericolo i campi avanzati di Derna, Tmimi, Ain el Gazala, l'idro-
scalo di Menelao, Martuba che, sia pure parzialmente evacuati da infrastrutture tec-
niche, materiali e velivoli inefficienti, venivano a trovarsi di fronte a potenziali at-
tacchi di mezzi blindati veloci.
Il nuovo schieramento aeronautico a S.W. di Bengasi allungava notevolmente
il percorso per missioni sul campo di battaglia.
Mentre le prime avanguardie nemiche giungevano in vista della piazzaforte di
Tobruk, la R.A. nel tentativo di ritardare al massimo l'avanzata dei mezzi corazzati
inglesi, procurando loro il maggior danno possibile, lanciava centinaia di spezzoni
tipo 4 A.R. (Armamento Ritardato) da 4 kg che avevano la caratteristica di esplode-
re con molte ore di ritardo e quindi di provocare ritardi e incertezze oltre che perico-
li nell'opera di sminamento. Nella giornata del 5 vennero impiegati 53 aerei e ne
andarono perduti 5 per offesa nemica.
116 gennaio 1941 il maresciallo Graziani inviava a Mussolini una sua relazione
veritiera e drammatica sulla situazione esistente in A.S. precisando l'impossibilità
di poter difendere la Cirenaica con le poche truppe attestate sul ciglione gebelico
e chiedendo urgentemente l'invio di autoblindo, carri armati, armi controcarro, au-
tomezzi. Precisava altresl che la 5 a Squadra Ae~a, secondo quanto dichiarato dal
gen. Porro: « ... non è. più in grado di svolgere azioni offensive», poiché non poteva
mettere in linea che una ottantina di aerei fra caccia e bombardieri con caratteristi-
che notevolmente inferiori a quelli nemici, che ammontavano secondo informazioni
inviate dal Servizio Informazioni Militari alla data del29 dicembre 1940 a 700 veli-
voli di l a linea e 400 di riserva cui erano da aggiungere quelli imbarcati sulle n.p.a.
e quelli previsti in arrivo tutti del tipo più moderno.
Proseguiva il maresciallo Graziani nella sua relazione: « ... per quelle leggi ineso-
rabili che dominano la guen-a nel deserto, dove uno scardinamento iniziale del sistema
non è rimediabile ed una disfatta è sempre totalitaria», sagge e obiettive parole che
solo la disfatta militare aveva avuto il potere di far comprendere e valutare in tutta
la sua drammatica portata e che facevano finalmente giustizia di teorie inapplicabili
su un terreno come quelle dell'Africa settentrionale dove la guerra statica non era
concepibile se non in limitate e circoscritte circostanze, la conquista o l'abbandono
di centinaia di chilometri di deserto era un fatto irrilevante se non comportava la
distruzione materiale dell'avversario o il suo isolamento operativo e logistico, attua-
to col recidere tutti i canali dei rifornimenti; una guerra dominio incontrastato del
carro armato e del cannone anticarro in cui prevaleva la parte che possedeva canno-
ni in grado di aprire il fuoco a maggiore distanza del nemico e di colpire e neutraliz-
zare i mezzi corazzati prima che giungessero a contatto diretto con le batterie difen-
sive: un problema tecnico-balistico in primo luogo, tattico e manovrato accortamen-
te con lo sfruttare razionalmente il deserto senza tentare di vincerlo, attuabile nei
suoi presupposti solo con l'indispensabile supporto dell'aviazione.
1121 gennaio il XIII Corps del gen. O'Connors sferrava alle ore 06.00 l'attacco
contro la piazzaforte di Tobruk preceduto da un pesante bombardamento aeronava-
le prolungatosi per diverse ore.
L'aviazione non ebbe molte occasioni per intervenire a causa della maggiore di-
stanza dai campi bengasini e della crisi del ripiegamento, considerando che il Co-
mando piazzaforte non garanti il mantenimento dei campi interni (T. 2/2 Bis e T.
5) su cui il Comando di Squadra aveva dislocato un gruppo composito di caccia/as-
salto/ricognizione successivamente trasferito ad ovest.
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