Page 203 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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sulla frontiera tracico-macedone (35). Impegno: venti divisioni raccolte in Albania
prima dell'inizio. Il secondo progetto, studiato nel luglio 1940 dal generale Geloso,
riguardava invece un'operazione limitata quale l'occupazione dell'Epiro e traeva ori-
gine dalle ambizioni di Ciano per l'ingrandimento del suo «granducato». Detta ope-
razione era da effettuare quando si verificasse almeno una delle seguenti condizioni
favorevoli: Grecia consenziente, sia pure suo malgrado, all'invasione; Grecia non
consenziente, ma impossibilitata a difendere l'Epiro con più di tre divisioni, essen-
do tutto il grosso dell'esercito ellenico vincolato alla frontiera macedone dall'atteg-
giamento minaccioso o addirittura ostile della Bulgaria. Riesaminato dallo Stato
Maggiore dell'Esercito, lo studio finì per prevedere l'impiego di sei divisioni: cin-
que per raggiungere l'obiettivo di Arta e una per Corfù.
In sostanza «l'operazione non era concepita come una «guerra» alla Grecia -
precisò Roatta - bensì come una semplice occupazione precauzionale, che avrebbe po-
tuto effettuarsi senza combattere» (36). Peraltro le direttive diramate il 4 settembre
dallo Stato Maggiore al Comando Superiore Truppe Albania omettono le previsioni
o premesse politiche. Del pari, il Comando Supremo, nelle precisazioni del12 set-
tembre agli Stati Maggiori di Forza Armata circa gli studi da portare avanti, si limi-
tò strettamente alla visione operativa. Gravi errori.
Anche Ciano riteneva verosimile un atteggiamento remissivo da parte di Ate-
ne: <<Se la Ciamuria e Corfù verranno cedute senza colpo ferire, non chiederemi di più»
(37), ed il 24 ottobre, quattro giorni prima dell'avventura, formulò con sicurezza
tre ipotesi a Bottai: «O non resistenza, o una parvenza di resistenza iniziale, o una vera
e propria resistenza di un tre o quattro settimane» (38). Tutto ciò potrà sembrare in-
concepibile oggi; si tenga però presente che in quell'estate spirava un vento partico-
lare in Europa. La Romania non cedette forse, obtorto collo, la Bessarabia e la Buco-
vina settentrionale all'Unione Sovietica il28 giugno, a seguito di un brutale ultima-
tum? Lituania, Estonia e Lettonia, già occupate da truppe russe, non furono annes-
se all'Unione Sovietica fra il'3 ed il 6 agosto dopo elezioni di stampo comunista?
La Dobrugia non passò alla Bulgaria il 28 agosto dietro pressione tedesco-sovietica
su Bucarest? E la Romania non dovette ancora cedere la maggior parte della Trahsil-
vania all'Ungheria il30 agosto in base ad un arbitrato italo-tedesco? Non de\re per-
ciò meravigliare molto se la stipulazione del Patto Tripartito, ossia di una vera al-
leanza militare, fra Berlino, Roma e Tokio illuderà Mussolini e Ciano di godere di
un peso internazionale ben superiore alla realtà.
L'aspetto diplomatico riguardava essenzialmente la Bulgaria, sempre vista co-
me potenziale alleata contro la Grecia, la quale, dal canto suo, considerava con la
massima preoccupazione l'ipotesi IB, vale a dire l'Italia e la Bulgaria unite, sia per-
ché in tale evenienza non avrebbe ricevuto alcun aiuto dagli Stati contraenti l'Intesa
balcanica del 1939, sia perché convinta che la Germania non soltanto artnasse la
Bulgaria e ne appoggiasse le rivendicazioni territoriali in Macedonia, ma consentis-
se all'Italia concrete intenzioni aggressive (39). E che il pericolo bulgaro fosse sti-
(35) Ibidem, pp. 106-109.
(36) M. Roatta, op. cit., p. 120.
(37) G. Ciano, op. cit., p. 458.
(38) G. Bottai, op. cit., p. 228.
(39) A. Papagos, La Grecia in guerra, Garzanti, Milano 1950, p. 8.
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