Page 205 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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quisizione della Dobrugia non aveva fatto dimenticare al Governo bulgaro le altre
rivendicazioni territoriali, per la cui realizzazione era da prevedere si sarebbe rivol-
to ancora alle Potenze dell~sse e «particolarmente all'Italia». E Magistrati specifi-
cava che, un'opinione corrente vedeva la questione macedone «in funzione ed in asso-
luta combinazione con i programmi dell'Italia, divenuta essa stessa, con l'Albania, una
Potenza balcanica» (46). Un'annotazione in margine all'appunto dice semplicemente
«Visto dal Ministro il 23». Tutto qui.
In simili condizioni di totale mancanza di accordi si giunse alla seduta del 15
ottobre. Mussolini, in sede di preambolo, assicurò che avrebbe compiuto «i passi ne-
cessari» affinché la Bulgaria entrasse come pedina nel gioco italiano. Ciano, a metà
riunione, intervenne, di sostegno alla preferenza attribuita da Badoglio alla marcia
su Atene rispetto a quella su Salonicco, con un rassicurante «tanto più in considera-
zione di un intervento bulgaro».
Il giorno successivo Anfuso, Capo di Gabinetto di Ciano, parti per Sofia con
il messaggio di Mussolini. L'inizio si commentava da sé: «Ho deciso di iniziare il re-
golamento dei conti con la Grecia entro questo mese di ottobre». Seguiva la prospetti-
va - non l'invito - per Sofia di ottenere finalmente il sospirato sbocco all'Egeo
e chiudeva con un quasi condiscendente: «Voi farete quello che Vi detterà la Vostra
coscienza e responsabilità di Re e gli interessi del Vostro popolo» ( 4 7). Re Boris si riser-
vò un paio di giorni di riflessione. Aveva appena ricevuto un telegramma personale
del Re di Inghilterra, il quale esprimeva la speranza che fossero infondate le voci
circa la presenza di. truppe tedesche in Bulgaria e si augurava che la Bulgaria rima-
nesse estranea al conflitto. Naturalmente re Boris si affrettò a smentire tutto ed a
garantire l'assenza di intenzioni bellicose verso chicchessia, però fece notare il mi-
naccioso concentramento di divisioni turche in Tracia (48).
Poi Boris pensò all~sse. Il tS consegnò ad Anfuso la risposta. Con molta corte-
sia e senza chiedere particolari ringraziò per ... l'informazione,_ si dichiarò costretto
a comportarsi con prudenza - il che lo costringeva ad astenersi da un'azione armata
- ed assicurò, in compenso, che la stessa dislocazione delle forze bulgare tratteneva
ed avrebbe continuato e tener bloccate alla frontiera macedone «une partie considé-
rable des forces de ses voisins» (ad Anfuso precisò: sette divisioni greche) (49).
Boris doveva rispondere anche a Berlino. L' Ambasciatore tedesco aveva pre-
sentato l'invito di aderire al Patto Tripartito, in ànalogia a quanto stavano per fare
Ungheria e Romania, e di fornire una risposta, che «avrebbe dimostrato gli orienta-
menti di Sofia», entro tre giorni! (50). Il Re fece replicare che gli occorreva qualche
garanzia nei confronti dell'Unione Sovietica e della Turchia e che comunque non
era in grado di prendere una decisione sui due piedi. Berlino non insistette (51).
(46) DDI, doc. n.611, p. 594.
(47) DDI, doc. n. 738, p. 712.
(48) DDI, doc. n. 733, pp. 708-709, e doc. n. 754, pp. 722-725.
(49) DDI, doc. n. 746, pp. 716-717, e doc. n. 754, pp. 722-725.
(50) DDI, doc. n. 742, p. 714.
(51) DD!, doc. n. 742, p. 714. Il18 novembre al Berghof, dove era arrivato anche Ciano con notizie
poco liete dall'Albania, tutta la disponibilità di re Boris si concretò nell'assicurare a Hitler che,
al momento giusto - giusto per non irritare Stalin - avrebbe aderito al Patto Tripattito. Ad
ogni modo era dispostissimo a lasciat passare attraverso il suo paese le colonne tedesche in dire-
zione della Grecia o della Iugoslavia (A. Read e D. Fisher, op. cit., p. 618).
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