Page 208 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Governo Metaxas ( ... ) avrebbero agito in modo tale da costringere quel Governo, 0 un
altro che gli avrebbero sostituito, ad accedere alle richieste che avremmo fatto prima di
iniziare le operazioni» (64).
Grazzi smentì con energia una qualsiasi collisione con esponenti greci, meravi-
gliandosi che simili «fandonie» avessero circolato ed acquistato credito, specie alla
luce dei rapporti e dei telegrammi che aveva spedito da Atene. Rientrato in Italia
subito dopo lo scoppio delle ostilità, sentì anch'egli girare quelle voci. Naturalmente
sul momento pensò fossero fatte circolare con intenzione per diminuire la responsa-
bilità dei vertici militari, poi però si convinse che «della cosa si era parlato in maniera
tale da dare alla notizia un credito talmente assoluto che persone investite di cariche
di altissima responsabilità vi prestavano fede. Così per me il mistero è diventato perfetta-
mente insolubile» (65).
Nessuno, comunque, fece indagini sul «mi è costato un po' caro» di Ciano. Ri-
portiamo, semplicemente, un documento. Il23 ottobre Jacomoni scrisse a Benini,
Sottosegretario per gli Affari albanesi, ringraziando per l'ulteriore accreditamento
di un milione per le spese relative all'Esigenza C (Ciamuria, evidentemente), ed os-
servando che, a quanto pareva, da qualche tempo il Governo ellenico stava trascu-
rando la regione, quasi prevedendone l'abbandono. Poi aggiunse: «Anche per scopi
politici il bisogno di fondi è continuo e ti sarò grato se vorrai considerare la opportunità
di far stanziare nuove somme oltre ai 5 milioni, in via di esaurimento» (66). Benini
rispose il 24 per conoscere «il fabbisogno minimo immediato per note esigenze» e Ja-
comoni replicò il giorno successivo: «Ritengo somma minima necessaria 5 milioni di
lire». Il26, Benini telegrafò assicurando «intanto» l'accreditamento di altri due mi-
lioni (67). ·
È perfino ozioso rimarcare che nessun appiglio di natura politica può offrire,
di solito, serie attenuanti ai responsabili militari, non fosse altro perché essi hanno
sempre la carta delle dimissioni dall'incarico, ove dissenzienti dalla deliberazione
politica. Badoglio per primo era ben consapevole di ciò. Non a caso, nella riunione
del 10 novembre a Palazzo Venezia non poté trattenersi dal confessare: «Quando
penso all'affare greco mi sento salire le fiamme alla faccia!» (68). E si noti che proprio
in quella circostanza, dopo che Mussolini aveva dichiarato essere del tutto fallite
le previsioni diJacomoni e di Visconti Prasca (non citò Ciano, naturalmente), Bado-
. glio lasciò da parte ogni premessa politica e lo affrontò sul terreno della scelta mili-
tare: al calcolo di Roatta, di venti divisioni e tre mesi di tempo per la guerra, il Duce
aveva preferito l'inizio immediato dell'azione sulla base di quanto prospettato da
Ciano, Jacomoni e Visconti Prasca (69).
In un colloquio, sempre a Palazzo Venezia, avuto «alla fine del mese di novem-
f,re», presente Roatta, Mussolini avrebbe avuto espressioni di rammarico per il fatto
che fosse stato accettato il piano di Visconti Prasca. Al che Badoglio - è lui che
riferisce l'episodio - gli avrebbe ripetuto vivacemente il discorso del 10 novembre,
ma in forma più esplicita. A lui, comandante delle truppe operanti, eano stati pre-
(64) M. Roatta, op. ci/414, p. 127; L. Mondini, op. cit., pp. 228-229.
(6.5) E. Grazzi, op. cit., p. 221.
(66) DDI, doc. n. 778, pp. 746-747.
(67) Ibidem, p. 747 nota 1.
(68) U.S.S.M.E., Verbali cit., wl. IV, p. 249.
(69) U.S.S.M.E., Verbali cit., wl. IV, p. 249.
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