Page 209 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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sentati due piani, uno di Visconti Prasca preparato su determinate condizioni politi-
           che espresse da Ciano e Jacomoni, l'altro dello Stato Maggiore basato sulla parteci-
           pazione della Bulgaria al conflitto. «Lei [sic] ha scelto il piano di Visconti Prasca.  Nes-
           sun addebito perciò mi pare si possa onestamente rivolgere allo Stato Maggiore del Regio
           Esercito» (70). A parte il fatto che di tale conversazione non si riscontra traccia nel
           diario storico del Comando Supremo e neppure nel libro di Roatta,  è chiaro che
           la tesi di Badoglio appare insostenibile.  Egli stesso il  15  ottobre aveva ammesso la
           validità del piano di Visconti Prasca come  primo tempo,  e ribadito detta validità
           il giorno seguente, chiedendo a Mussolini la preferenza fra le due soluzioni, ovvia-
           mente giudicate più o meno alla pari. Se infatti avesse reputata inaccettabile l'alter-
           nativa di Visconti Prasca, perché superata dalle circostanze, avrebbe dovuto scartar-
           la nettamente ed imporre l'attesa di tre mesi (che poi avrebbe spostato il <<Via»  alla
           primavera). Quanto alla Bulgaria, il15 ottobre poteva aver motivo di credere o spe-
           rare nella  sua ipotetica partecipazione, dopo il 21  ottobre non più.
                Sembra, ad ogni modo indubitabile che, almeno dentro di sé, Mussolini si sen-
           tisse in colpa proprio in merito alla scelta compiuta. 1112 novembre incaricò il Ma-
           resciallo - in partenza per lnnsbruck - di spiegare a Keitel che «l'azione in Grecia
           è in periodo di stasi, perché non si sono verificati gli sviluppi politici sui quali si faceva
           affidamento,  sollevamento cioè della  Ciamuria e intervento  bulgaro»  (71).
                Pur ritenendole scuse a posteriori, bisogna riconoscere che, per quanto illogica-
           mente, per quanto nella presunzione di esercitare su re Boris un'assurda influenza
           decisionale,  Mussolini doveva veramente credere che determinate circostanze ren-
           dessero facile l'impresa. È impossibile che non si rendesse conto che uno scacco si
           sarebbe rivolto contro di lui e contro il regime fascista.  Ma quos Deus perdere vult,
           dementat prius.
                Almeno  un elemento risulta incontrovertibile:  la  grossolana sottovalutazione
           della capacità combattiva dell'Esercito greco.  Questo sembra aver pesato fortemen-
           te su tutti, nessuno escluso,  da Mussolini a Ciano,  da Badoglio a Visconti Prasca
           (72).
                Non bisogna dimenticare che Mussolini aveva un'alta opinione di sé anche co-
           me capo militare. «ln questi mesi di esperienza di guerra - disse a Soddu il 12 settem-
           bre - ho fatto  tanta pratica da giudicare inutile uno Stato Maggiore  Generale.  Finita
           la guerra /arò da  me,  tutt'al più con un segretario»  (73).  Pur dando alla frase  valore
           di semplice battuta, la sostanza resta. A parte questo, il sistema di governo spiccata-



           (70)  P.  Badoglio,  op.  cit.,  p.  55-56.
           (71)  DSCS, vol.  l, tomo l, p.  368. Da notare che,  nella lettera del successivo 22 novembre a Hitler,
               Mussolini fornirà un'altra spiegazione circa le cause del rovescio: il maltempo, la defezione quasi
               totale di reparti albanesi e l'atteggiamento bulgaro che aveva consentito ai greci di spostare otto
               divisioni dalla Macedonia orientale per portarle sul fronte albanese (DDI, vol.  VI, doc.  n.  146,
               pp.  157-158).
               D'altronde non poteva -  né lui né  altri -  dire candidamente:  «Ma io credevo che il nemico
               scappasse o  si arrendesse!» senza coprirsi di ridicolo agli occhi del mondo intero.
           (72)  Per la verità, non soltanto in Italia si pensava così. Il 27 ottobre Magistrati scrisse a Ciano: «I.a
               poca stima che qui si ha del valore e della consistenza militare dell'Esercito greco e la persuasione
               che,  in caso di crisi,  la  Grecia, obbligata a sgomberare la parte settentrionale del paese, fanno
               sl che i rapporti con Atene siano visti con una certa tranquillità e sicurezza ( .. ) (DDI, doc.  n.
               800,  p.  764).
           (73)  Q.  Armellini,  op.  cit.,  p.  82.

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