Page 214 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Subito l'ampiezza delle fronti venne ad assumere un ruolo negativo pressoché
insostenibile. Era già stata sopportata con disagio durante l'avanzata oltre frontiera,
ma adesso offriva imprevedibili possibilità di penetrazione al nemico. Fu vera fortu-
na che il Comando greco non abbia potuto o saputo approfittarne. Per quanto Mus-
solini avesse cercato immediatamente di correre ai ripari e trasformare l'ordine di
battaglia delle truppe d~lbania portandolo allivello di gruppo di armate (e questo
è da· solo ampiamente sufficiente a mostrare l'abissale divario tra la valutazione
politico-militare fatta il15 ottobre e la realtà), per il momento erano disponibili le
poche divisioni sul posto, già logore, scoraggiate e prive di un valido punto di appog-
gio. Inoltre, l'avversario mostrava di non essere disposto a concedere tempo né respi-
ro; o, per meglio dire, mostrava di voler sfruttare al massimo l'iniziativa strategica
cosl insperatamente - e meritatamente - conquistata.
Da questo momento cominciò il dramma italiano (94). Occorreva scegliere se
tenere le posizioni di contatto ad ogni costo in attesa di rinforzi, oppure se sganciar-
si e portarsi su una linea più economica per riorganizzare il dispositivo. Scegliere?
La soluzione era obbligata. La resistenza in posto appariva precaria e comunque at-
tuabile finché ... consentito dai greci, troppi essendo gli elementi sfavorevoli che la
condizionavano: la chiara crisi delle truppe, l'impossibilità di impedire penetrazioni
negli ampi intervalli a stento controllati, il vuoto fra le due armate in corso di costi-
tuzione, l'assoluta mancanza di riserve, l'indisponibilità di artiglierie di grosso cali-
bro, le gravissime carenze di natura logistica. D'altra parte, retrocedere in quelle
condizioni sotto la pressione del nemico presentava il rischio di essere travolti e
messi in rotta, senza possibilità di raccogliersi su una posizione arretrata approntata
con altre truppe. In sostanza, un qualunque sfondamento sulla posizione di resisten-
za o durante l'arretramento avrebbe comportato il pericolo di un rovescio di dimen-
sioni incontrollabili.
Inizialmente fu, dunque, quasi inevitabile ricorrere ad un provvedimento che
i comandanti tutti accettarono soltanto perché con l'acqua alla gola: tamponare le
falle che si aprivano in rapida successionè qua e là, utilizzando i reparti a mano a
mano che arrivavano dall'Italia, rompendo i vincoli organici divisionali e reggimen-
tali e perfino trascurando il fatto che troppo spesso i battaglioni sbarcavano senza
salmerie o mezzi di vario tipo. Risultato prevedibile ed inevitabile: l'impiego a spiz-
zico dei _rinforzi dava, è vero, un poco di ossigeno alle impegnatissime truppe in
linea, ma portava al frammischiamento dei battaglioni, non consentiva la costituzio-
ne di riserve, chiudeva sempre la giornata in passivo ed il passivo aumentava ogni
giorno di più, incidendo sulla consistenza delle divisioni. «Siamo costantemente in
ritardo rispetto al ritmo della battaglia» scriverà avvilito il gen. Soddu (nuovo Coman-
dante Superiore) al Comando Supremo il 3 dicembre. Ed in questo stato d'animo,
il mattimo successivo telefonerà a Guzzoni, Sottocapo di Stato Maggiore Generale,
rappresentando la necessità di un «intervento diplomatico» per risolvere la guerra
(95).
Rinunciando ad impossibili contrattacchi di consistenza tale da respingere il
nemico almeno localmente, rinunciando a movimenti retrogradi di ampiezza tale da
obbligare l'avversario a spendere tempo per realizzare la ripresa del contatto, si in-
(94) Per lo svolgimento delle operazioni si rimanda a La Campagna di Grecia citata.
(9.5) DSCS, vol. Il, tomo l, p. 494.
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