Page 210 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 210
mente accentrato induceva Mussolini a zittire i generali per una visione troppo «mi-
litare»: «ma io, che ho in mano la politica, vedo la situazione generale e posso meglio
giudicare fattibile quello che voi non ritenete» (74).
Inevitabilmente, quando le cose volsero al peggio accusò un po' tutti di averlo
ingannato. Prima se la prese conJacomoni e Visconti Prasca: «Il Duce èmolto risen-
tito con ]acomoni e Visconti Prasca che avevano prospettato l'operazione troppo facile
e sicura» (75). Poi con Ciano: «Anche il conte Ciano, gli aveva dato informazioni ine-
satte» (76). Poi ancora con Visconti Prasca: «Il Visconti Prasca ( ... )aveva assicurato
che tutto era perfetto in ogni particolare, dal piano d'operazioni all'insurrezione della
Ciamuria» (77). Infine si scagliò contro Badoglio, quando Pavolini gli riferlle criti-
che mosse dal Maresciallo nei suoi confronti: «[il Duce] ha qualificato Badoglio di
«nemico del Regime» e di «traditore» (78).
Il 30 novembre, Mussolipi parlò a lungo della guerra al Consiglio dei Ministri
e, mentre assunse a proprio carico la responsabilità della d~cisione politica (senza
naturalmente trarne le conseguenze), riversò su Badoglio quella militare. «La tesi del
Duce- riferl Ciano- è questa: non solo Badoglio era d'accordo, ma si manifestava
anche estremista. Il lato politico della questione è stato perfetto: è mancata in pieno
l'azione militare» (79). Verrà, tuttavia, il giorno in cui Mussolini confesserà: <<.S'e
qualèuno, il l5 ottobre, avesse previsto qttanto dopo in realtà è accaduto, l'avrei fatto
fucilare» (80). Molto appropriatamente Bottai non considerò errori imprevisti ed
imprevedibili né il disastroso avvio della campagna né l'incursione inglese a Taranto
nella notte sul U novembre. In realtà «sono la conseguenza logica del sistema di gover-
no e di comando, accentrato fino ad abolire ogni competenza e responsabilità. Un siste-
ma, cui non è dato di colpire mancanze e colpe, perché se lo si colpisce in un punto,
si colpisce al centro» (81). Un commento che ricalca quello fatto imprudentemente
da Badoglio a Pavolini.
La figura del maresciallo Badoglio non esce bene dalla vicenda. Ci sono mo-
menti difficili da interpretare. Che gli si affacciassero dubbi, esitazioni, contrarietà,
sembra evidente, ma altrettanto evidente è il fatto che in definitiva nutriva anch'egli
fiducia nel buon esito dell'offensiva. A più riprese ebbe motivo e modo di opporsi
alla decisione di Mussolini, potendo ricorrere, all'occorrenza, alle dimissioni. Non
ci sembra sufficientemente valido l'argomento che egli giudicasse doveroso rimane-
re alla guida del Comando Supremo ritenendosi capace di affrontare gli eventi me-
glio di altri. Quando venne attaccato personalmente sul giornale di Farinacci, l'abne-
gazione cadde.
Resta, peraltro, il mistero della sua acquiescenza. Nei colloq~i a quattr'occhi
Mussolini avrà certamente fatto valere argomentazioni di .natura non militare, ma,
come. si è visto, questo non fornisce una spiegazione esauriente. Avanziamo, allo~.
l'ipotesi di una mancanza di fermezza, di una cedevolezza quasi di buon grado di
fronte ad una volontà più forte, causata da imperfette condizioni psico-fisiche cleri-
(74) Ibidem, p. 122.
(75)' G. Ciano, op. cit., p. 476.
(76) Ibidem, p. 478.
(77) G. Bottai, op. cit., p. 231. Cf~ G. Ciano, op. cit., p. 485.
(78) G. Ciano, op. cit., p. 481.
(79). Ibidem, p. 483. Cf~ G. Bottai, op. cit., p. 235.
(80) G. Ciano, op. cit., p. 500.
(81) G. Bottai, op. cit., p. 231.
208