Page 213 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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E Mussolini non si lasciò sfuggire la pennellata finale, significando che la conquista
di Matruh avrebbe reso ancor più difficile l'intervento della Royal Air Force in Gre-
cia «specialmente prevedendo che noi non ci ferme'rem()!».
E, comunque, certo che aprire un nuovo teatro d'operazioni oltremare in quelle
circostanze costituiva sicuramente una grossa ed ingiustificabile imprudenza, anche
e soprattutto in campo logistico. Tanto più grave in quanto veniva a turbare la situa-
zione di equilibrio esistente in Balcania senza il minimo accordo con l'alleato tede-
sco, anzi a sua insaputa.
Le poche osservazioni fatte sarebbero più che sufficienti ad indicare in quali
condizioni stesse per avvenire il parto della Campagna. Ma c'è di p~ggio. Su decisio-
ne di Mussolini, piena adesione di Soddu ed approvazione di Badoglio - e contro
le inutili proteste di Rbatta - il 10 ottobre iniziava il citato congedamento di ben
600.000 uomini (sette classi) da completare entro il 15 novembre (92). Per quanto
le truppe dislocate in Albania, Egeo ed Africa fossero escluse dal provvedimento,
inevitabilmente lo scompaginamento delle unità di stanza in Italia avrebbe avuto
ripercussioni su qualunque rinforzo si fosse reso necessario spedire oltremare. Que-
sta incauta, sbalorditiva parziale smobilitazione, guerra durante, che sta all'origine
di tanti guai successivi e le cui tremende conseguenze negative non sono a tutt'oggi
percepite appieno da molti studiosi e dall'opinione pubblica, fu voluta nel perdurare
del convincimento che la guerra stesse precipitando verso la fine e che occorresse
quindi predisporre, in anticipo sulla Germania, la riassunsione di un'economia di
paèe. «Dobbiamo vincere la pace» fu la frase testuale scarabocchiata da Mùssolini
su un appunto del sottogretario per la Guerra (93). In sostanza, la Campagna di
Grecia è nata in un clima politico di inconcepibile faciloneria, si è basata su premes-
se politiche campate in aria, è partita seguendo un piano redatto su un'ipotesi avul-
sa dalla realtà. Ne deriva che non possono suscitare meraviglia o scalpore le amare
vicissitudini di quella guerra.
I comandanti in campo non meritano l'accusa di grossolana insipienza, anche
se taluno non si palesò all'altezza della situazione per carenze di carattere o di capa-
cità. Essi ebbero a che fare con gli inevitabili effetti di .una dissennata iniziativa
politico-militare, che si lanciò in una vera e propria avventura con forze e mezzi in-
sufficienti rispetto ad obiettivi abbozzati sul tamburo a Palazzo Venezia, con Co-
mandi di Corpi d~rmata improvvisati all'ultimo momento ed alla meglio, Organi
d'Intendenza a stento adeguati alle esigenze di pace, organizzazione logistica di
scacchiere (porti, strade, trasporti) addirittura rudimentale. Considerato quello che
avvenne fra il15 e il 28 ottobre 1940, le cose non potevano andare diversamente.
Allorché emerse in tutta la sua aspra crudezza il fallimento dell'offensiva ini-
ziale - fallimento sul quale pesarono anche inopportune modalità operative pre-
scritte da Visconti Prasca- si rese.necessario un radicale cambiamento d'indirizzo.
Occorreva arrestare l'inattesa e forte controffensiva grec~ in entrambi i settori, epi-
rota e macedone; raccogliere, sotto la protezione di un «muro» formato al più presto,
una massa di manovra con divisioni fresche o riordinate; iniziare appena possibile
una ripresa difficile a realizzare.
(92) DSCS, vol. II, tomo II, p. 60 e pp. 160-162.
(93) lettera personale del gen. Fornara al gen. Faldella in data 20 novembre 1965.
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