Page 211 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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vanti probabilmente dall'età. Badoglio aveva 69 anni, non quindi un'età eccessiva-
mente inoltrata, tuttavia esisteva un abisso rispetto al Badoglio del 1936, appena
quattro anni prima. Ricordiamo che il 23 novembre Bottai lo descrisse «pallido,
emaciato, visibilmente stanco. Lui stesso mi dice del malore che ha avuto in quella me-
desima stanza, angosciato dal peso degli avvenimenti» (82). Ed il3 dicembre Vittorio
Emanuele III fece osservare al generale Puntoni - il quale per suo conto vide il
Maresciallo <<accasciato, la faccia verde e triste e sembra che fatichi a parlare» - che
«Badoglio mi ha fatto un'impressione disastrosa. Fisicamente è distrutto, intellettual-
mente è intorpidito ... » (83).
Quanto a Roatta, che in pratica rivestiva le funzioni di Capo di S.M., pur non
avendone l'incarico e nemmeno il potere, è opportuno riferire anzitutto il pensiero
di chi fu suo stretto collaboratore. Il generale Francesco Rossi, capo del II Reparto
dello Stato Maggiore, riconobbe che Roatta non ebbe tanta energia d~ affermare
la sua irriducibile opposizione alla guerra con un gesto clamoroso (84). E vero. Tut-
tavia sembra innegabile anche la validità di un'osservazione del generale Faldella:
Roatta era in sottordine a Badoglio e manifestò apertamente la sua opinione nei
confronti sia della visione complessiva del conflitto che stava per aprirsi sia delle
condizioni dell'Esercito, sconvolto dalla smobilitazione in corso. Se avesse presenta-
to le dimissioni, avrebbe evitato critiche personali ma aperto al vertice una crisi
enorme perché il suo successore, chiunque fosse, non orientato come lui sulla situa-
zione, si sarebbe trovato in serie difficoltà nel prendere in mano le redini dell'eserci-
to nel doppio compito di Capo e di Sottocapo di Stato Maggiore (85).
Soddu sposò senza esitazioni la causa di Ciano e- fu l'unico- lo fece con
una veemenza alla quale è davvero arduo rinvenire scusanti. Ad ogni modo la sua
maggiore responsabilità, in quanto Sottosegretario per la Guerra, riguarda la smobi-
litazione di 600.000 uomini alle armi in Italia, provvedimento che condusse allo
scomp@.ginamento dell'Esercito.
Infine, Visconti Prasca. Fu il primo a rispondere dell'insuccesso. Il suo Capo
di S.M., generale Ricagno, in un colloquio confidenziale avuto a metà gennaio 1941
con Armellini, ammise che «Visconti Prasca si è /atto giocare un po' da tutti: Ciano,
]acomini e Soddu che lo hanno poi abbandona.to, dopo promesse e lusinghe» (86): Pro-
babilmente si lasciò trascinare quanto meno dalla prospettiva di un «facile» primo
tempo. Chi si trovava in Albania in quel periodo ricorda bene come fosse diffusa
la persuasione di una «passeggiata militare». Il12 novembre il generale Agostinucci,
Comandante Superiore dei Carabinieri, presenterà a Soddu, subentrato a Visconti
Prasca, un promemoria indicante le «voci» sulle cause del mancato successo, fra le
quali: «Era diffuso nelle masse, anche albanesi [il presupposto] che la nostra offensiva
avrebbe determinato una sommossa in Grecia, diretta a rovesciare il Governo di Meta-
xas». Sta di fatto, comunque, che fu l'unico a difendere il piano (87) - più o meno
derivante da quello Geloso, ma con un'impostazione che alterava sensibilmente il
(82) Ibidem, p. 234.
(83) P. Puntoni, Parla Vittorio Emanuele III, Palazzi, Milano 1958, p. 30.
(84) F. Rossi, Mussolini e lo Stato Maggiote, Regionale, Roma 1951, p. 141.
. (85) E. Faldella, L'Italia nella seconda guerra mondiale, Cappelli, Bologna 1959, p. 289.
(86) Q. Armellini, op. cit., p. 267-268.
(87) cSe io - scrisse dopo la guerra Visconti Prasca - dovessi nuovamente, come tecnico, affrontare
la situazionè tattico-strategica dell'ottobre 1940 non muterei una sillaba nei progetti operativi
( ... )». Visconti Prasca, Io ho aggtedito la Gtecia, Rizzoli, Milano 1946, p. 170.
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