Page 206 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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La mancata disponibilità della pedina bulgara indispettl Mussolini che, peral-
tro, davanti a Badoglio volle minimizzare la delusione con uno sprezzante: «Faremo
senza di lui», e spiegò che l'offensiva di Visconti Prasca sarebbe stata tanto rapida
da provocare il riflusso verso Atene delle forze della Macedonia orientale, sempre
che non si fossero sfasciate per andarsene a casa (52). Badoglio, pur rimanendo po-
co convinto, si accontentò del preteso vincolo delle divisioni greche al confine bul-
garo (53). Forse perché il 19 ottobre Mussolini gli aveva detto che la Germania
avrebbe spedito alcune divisioni in Bulgaria per tenere a freno la Turchia? (54).
Sembra rimanesse qualcosa da chiarire. Il giorno 24, ai Capi di Stato Maggiore
convocati in vista della guerra, Badoglio ebbe a dire: «Dal primo o secondo giorno
verremo a conoscere il contegno Iugoslavo. Per quanto mi ha detto il Duce, ed io sono
. di questo parere, la Iugoslavia non si muoverà. Il Duce mi ha detto anche che non si
muoverà la Turr:hia, perr:hé vi è un proverbio portoghese che dice: <<in tempo di tempesta
ciascuno pensa a se stesso>> (55). Più tardi si recò da Mussolini. Gli parlò dell'argo-.
mento e «il Duce mi ha comunicato che farà passi verso la !Jugoslavia e la Turr:hia per-
ché non assumano atteggiamenti ostili durante le operazioni e garantendo il loro status
quo» (56). Ma come è possibile che a quattro giorni dalle ostilità, volute da noi,
esistessero incertezze del genere o certezze basate su proverbi? Anche pensando che
il discorso di Badoglio, male espresso, volesse semplicemente dare fiducia ulteriore
- nessuno in realtà metteva in dubbio la neutralità di Belgrado e di Ankara - non
si può non avvertire un estremo disagio di fronte a quelle parole.
Ad ogni modo, era caduta qualsiasi pratica speranza di concorso esterno - a
prescindere dal fissaggio delle truppe_ greche in Macedonia orientale, evidentemente
ritenuto analogo a quello delle truppe francesi sul fronte italiano - e Badoglio ac-
cettava tale dato di fatto.
Sempre in tema di preparazione diplomatica, occorre aggiungere un paio di pen-
nellate al quadro. Il 23 ottobre Grazzi seppe per la prima volta e senza alcun segno
premonitore che - stando ad una confidenza rivolta al col. Mondini da un collega
di passaggio all'aeroporto di Tatoi - a Roma «era stata decisa un'azione militare con-
tro la Grecia che avrebbe avuto inizio in un giorno non ancora fissato, a partire dal
successivo sabato 26» (57). E il27 ottobre Magistrati riferl a Ciano che per un com-
plesso di motivi il problema bulgaro-greco aveva finito per identificarsi, agli occhi
di Sofia, in un unico problema bulgaro-greco-turco. E concluse: «Ora appare lecito
domandarsi: ma che cosa accadrebbe, ad esempio, se l'Italia si vedesse obbligata, un bel
giorno, a risolvere con le armi la sua controversia con la Grecia ed a sventare in terra
ellenica le insidie della «garanzia britannica?» (58). Questo, poche ore prima che le
divisioni di Visconti Prasca varcassero la frontiera epirota! .
Sono note la forma, estremamente vaga e sfrontatamente significativa della vo-
lontà di entrare in guerra, dell'ultimatum e le modalità della consegna. Tutte circo-
(52) P. Badoglio, op. cit., p. 54.
(53) DSCS, vol. Il, tomo l, p. 265.
· (54) Ibidem, p. 255.
(55) U.S.S.M.E., Verbali cit., p. 105.
(56) DSCS, vol. Il, tomo l, p. 281
(57) E. Grazzi, op. cit., p. 228, e L. Mondini, Prologo del conflitto ita/o-greco, Treves, Roma 1945,
p. 226.
(58) DDI, doc. n. 800; pp. 763-766.
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