Page 204 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 204
mato pesante è confermato dal generale Papagos, Capo di S. M. deil'Esercito elleni-
co: «Una difesa efficiente sul fronte vmo la Bulgaria avrebbe potuto esser creata solo
con una forza di almeno dodici divisioni» (40).
Ora, si dovrebbe pensare ad un'adeguata preparazione da parte del Ministero
degli Esteri, specie per il fatto che proprio Ciano «spingeva» per la guerra. Senon-
ché si era creata una situazione a dir poco stranissima. Uno solo, in pratica, possede-
va una visione d'assieme sugli affari dello Stato: Mussolini. La sua volontà di non
perdere il controllo delle leve di comando, in uno con il suo carattere accentratore,
provocava una serie di comportamenti stagni fra i vari dicasteri. (41). Nessun impor-
tante provvedimento andava in porto senza il suo p/acet, ed in politica estera- il
cui timone aveva retto personalmente dal1932 al1936 -la sua influenza si manife-
stava marcatamente, tanto che il suo benestare doveva essere preventivo. «Non era
assolutamente nello stile di Musso lini ammettere che altri facessero una politica contem-
poraneamente a lui con carattere di indipendenza» scrisse Suvich, che per quattro an-
ni era stato suo sottosegretario (42). Ciano poco poteva, e purtroppo quel poco si
manifestò spesso nell'appoggiare Mussolini nelle decisioni errate (43). Come se ciò
non bastasse, con Ciano il Gabinetto del Ministero degli Esteri aveva acquistato
un'importanza esagerata a danno delle Direzioni Generali. «Gli ambasciatori e i capi
missione all'estero erano esautorati, sottomessi e impiccio liti ( ... ). Invece del Ministero
c'era il Ministro, cioè non più un organismo ma un uomo ( ... )» ricordò un ambasciatore
(44). E quest'uomo, pur intelligente e capace, si rivelò un pessimo Ministro degli
Esteri che, «ansioso di trionfi personali» (45), curava gli indirizzi di politica estera
ritagliandosi qualche spazio per la sua ambizione ed atteggiandosi a gran diplomati-
co di grande Potenza. Questo spiega come l'affare greco sia risultato indecifrabile,
come sia stato preceduto da tanto clamore da rendere impossibile il fattore sorpresa,
che pure doveva avere la sua parte nell'operazione. E questo spiega l'inspiegabile
trascuratezza verso la Bulgaria.
Che il Comando Supremo avesse la sua abbondante dose di coipa è fuori dub-
bio. !:intervento bulgaro, anche se soltanto minacciato, era dato per scontato negli
studi operativi, però non risulta che contatti militari in tal senso siano mai stati ri-
chiesti formalmente da Badoglio, né posti in modo esplicito come condizione pre-
giudiziale per una qualsiasi offensiva contro la Grecia, grande o piccola. A prescin-
dere da questo, Ciano era troppo intelligente per non comprendere almeno l'utilità
di una qualche intesa con Sofia.
1118 settembre un appunto della Direzione Generale Affari d'Europa sintetiz-
zava un rapporto dell'ambasciatore d'Italia a Sofia, Magistrati, secondo il quale l'ac-
(40) Ibidem, p. 116.
(41) F. Suvich, Memorie, Rizzoli, Milano 1984, p. 9.
(42) F. Suvich, op. cit., p. 22.
(43) Giustamente ossetva G.B. Guerri: «Non poche decisioni del Duce fra le più sbagliate furono sol-
lecitate, incoraggiate, tenacemente perseguite da Ciano: se infatti era praticamente impossibile
distogliere il Duce da una decisione, era relativamente facile portarlo agli eccessi nella decisione
presa e mantenervelo» (Galeazzo Ciano, BomP.iani, Milano 1979, pp. 177·178). Del resto anche
Soddu aveva asserito, parlando di Mussolini: «È un uomo che si può guidare, ma non si può con·
trastare» (Q. Armellini, op. cit., p. 119).
(44) R. Cantalupo, Fu./a Spagna, Mondadori 1948, p. 52.
(45) G. Bastianini, Uomini, cose, fatti, Vitagliano, Milano 1959; p. 239.
202