Page 222 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 222
rio alle portaerei, che in un mare ristretto come il Mediterraneo sono vulnerabili
e possono essere vantaggiosamente sostituite da aerei basati a terra (8}. ·
Questo orientamento è conseguente all'errata attribuzione del ruolo predomi-
mante alle corazzate e alla rinata prospettiva della battaglia risolutiva tra navi can-
noniere tipo "Trafalgar", che - diversamente da quanto avviene per altre Marine
più ricche - impongono alla Marina italiana, per reggere il confronto, di concen-
trare le scarse risorse su corazzate e naviglio di squadra, trascurando tipi di navi -
come le portaerei - non a torto ritenute vulnerabili e le cui effettive possibilità
operative negli anni Trenta non erano ancora state ben accertate. In tal modo, la
scarsità di risorse induce a scelte conservatrici e a una sostanziale sottovalutazione
del potere aereo, benché negli anni Venti il Bernotti sostenga la portaerei e un diver-
so indirizzo delle costruzioni (9}.
D'altro canto, intorno alla metà degli anni Trenta la Rivista Marittima sostiene
senza successo la necessità per la Marina di disporre di aerosiluranti, mentre l'arti-
colo del1939 dell'ammiraglio Cavagnari è seguito sullo stesso volume unico dedica-
to alle Forze Armate da un articolo dell'ammiraglio Di Giamberardino, nel quale
si riconosce che «l'efficienza della Marina sarebbe monca senza la collaborazione
degli aerei», chiamati ad assicurare diversi «indispensabili servizi» (sic} a favore del-
la Marina: esplorazione strategica e tattica, scorta antisommergibile, osservazione
del tiro, attacco di navi nemiche con bombe e siluri (per il quale possono essere im-
piegati anche interi reparti dell~rmata Aerea}. Di Giamberardino non esclude nem-
meno la possibilità per la Marina di dotarsi di portaerei:
«la nostra Marina non possiede, per ora, navi portaerei che permettano il
decollo e la discesa su appositi ponti di volo in modo da fornire una massa
aerea immediata sul posto. Si ritiene, a questo riguardo, che la favorevole
distribuzione degli aeroporti sul continente, sulle isole, nelle. nostre province
dell'Africa e nel nostro possedimento in Egeo, con buona organizzazione e
allenamento aeronavale, permette già di assicurare una buona collaborazio-
ne in tutto il Mediterraneo. Con eventuali, futuri sviluppi oceanici il posses-
so di navi portaerei potrebbe, s'intende, divenire necessario» (10}.
Se gli orientamenti dell'ammiraglio Cavagnari denotano indubbiamente un
certo conservatorismo e una certa sottovalutazione del fattore aereo, va detto anche
che la rinnovata fede nella grande corazzata come spina dorsale delle flotte grazie
a una migliore protezione e al potente armamento antiaereo era condivisa da tutte
le principali Marine del tempo, che tuttavia erano state in grado di affiancare alle
corazzate le portaerei.
Stratqia e mezzi dell' Aeronautica
Non si può dire che, all'inizio della guerra, le forze di superficie attribuiscano
all~ma Aerea un ruolo realistico e di rilievo nelle rispettive strategie: in senso con-
(8) Sulla vicenda della portaerei nella Marina italiana tra le due guerre Cfr. A. Santoni, Il Duce e
14 portM1ft lflllill», cStoria lliustrata• dicembre 1984.
(9) F. Botti, LI stmtegia mtzritlima negli anni Venti, «Bollettino d'Archivio dell'Ufficio Storico Mari-
na Mili~ N. 3/1988.
(lO) O. Di Giamberudino, LI Marina Ja guerra ifllliana nella sua efficienza attuale, cRassegna Italiana»
luglio 1939.
220