Page 235 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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renziale di impiego in profondità con le altrettante giuste esigenze di concorso da
parte delle forze di superficie. Invece non si perviene ad alcuna concreta intesa per
definire le procedure per un impiego coordinato in guerra, e l~ronautica il10 giu-
gno 1940 come sempre non ha aerei d'assalto e non ha nemmeno bombardieri stra-
tegici, mentre anche la difesa antiaerea- di competenza dell'Esercito e della Marina
e non dellhronautica come sarebbe opportuno, per un impiego coordinato con la
caccia -è inefficiente e gravemente trascurata. Al tempo stesso, l~ronautica ri-
mane spezzettata in aliquote alle piene dipendenze operative dei comandanti dei va-
ri scacchieri oltremare, e in tal modo si assommano i due inconvenienti della man-
canza di unità delle forze aeree e della mancanza di valide procedure per la coope-
razione.
A ciò si aggiunga che l'Esercito non ha nemmeno armi valide e in numero suf-
ficiente per la difesa contraerea a bassa quota delle truppe, perché la recente mitra-
gliera da 20m/m mod. 35 si era rivelata già nella guerra di Spagna non idonea-
per carenze nel sistema di puntamento - all'impiego contro gli aerei più veloci e
moderni. Poco curate anche le procedure e predisposizioni per la difesa passiva, nel-
la quali vi è anzi un regresso: infatti mentre la dottrina logistica del 1924, dovuta
al generale Liuzzi, dà notevole risalto alle modalità per sottrarre gli organi logistici
all'offesa aerea, le norme per l'organizzazione logistica del1932 e del1940 non sen-
tono il bisogno di dedicare una parte specifica a questa importante esigenza, che
pure si era fatta sentire nella guerra di Spagna (3 7).
Gli eventi della guerra: una inevitabile riprova
I primi mesi di guerra sono decisivi: mai come in questa occasione il tempo
lavora contro l'Italia. Gli avveni~enti sembrano confermare il tipo di guerra teoriz-
zato nel1935 dalle Direttive per l'impiego delle Grandi Unità, secondo le quali l'Ita-
lia, Paese povero di risorse e dipendente dai rifornimenti via mare, doveva essere
in grado di condurre urta guerra «di rapido corso», cioè dinamica, offensiva e in-gra-
do di raggiungere in breve tempo risultati decisivi. V'è perciò da concordare sostan-
zialmente con il Canevari, quando afferma (sia pure con accenti eccessivamente ca-
tegorici e polemici):
«Dal giugno al4 dicembre 1940 l'Italia ha perduto llz sua guerra per il Medi-
terraneo. Nelle due Campagne dell'Africa settentrionale e di Albania è stata,
infatti, perduta una guerra che non solo era facilissimo vincere ma che il
destino ci presentava in circostanze così sfacciatamente favorevoli come sa-
rebbe stato follia sperare anche da parte del più ottimista dei capi politici
e militari» (38).
(3 7) Ai primi di aprile de11938, dopo un fruttuoso attacco alle retrovie italiane da parte dell' Aviazio-
ne repubblicana, il Comandante delle truppe italiane in Spagna richiama severamente i Coman-
danti delle Grandi Unità, invitandoli a una più rigorosa osservanza delle disposizioni più volte
impartite, con particolare riguardo ai movimenti delle colonne di rifornimento (che devono esse-
re solo notturni), agli automezzi e organi logistici (ben mascherati e fuori dai centri abitati), ecc.
(Let. n. 66 in data 2 apr. 38 - A.U.S.S.M.E., Rep. F/6, Racc. 5).
(38) E. Canevari, Italia 1861-1943- Retroscena della disfatta, Vol. II, Roma, Ed. Collana "Rivista Ro-
mana'~ 1965, p. 569.