Page 240 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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è tutto diverso: mancan~J anche in questo caso intese e accordi e un codice comune
per una vera cooperazione; mancano collegamenti e trasmissioni e persino carte to-
pografiche; l'ambiente naturale è diverso e tale da limitare di per sé il rendimento
delle azioni aeree in campo tattico; diverse sono le forze amiche (terrestri e aeree)
e diverse anche le forze nemiche, sorprendentemente agguerrite e niente affatto di-
sposte a cedere, anche se prive di un valido sostegno aereo.
Come se ciò non bastasse, la quantità e qualità delle forze aeree disponibili in
Grecia e la situazione delle infrastrutture in Albania sono sicuramente tali, da far
escludere in partenza il conseguimento di risultati di grosso rilievo tanto in campo
tattico che in campo strategico (48). Ne consegue che i comandanti terrestri - e
non solo il generale Visconti Prasca - concordemente indicano nella défaillance
dell'aviazione, impegnata più che altro a battere lontani obiettivi senza risultati ap-
prezzabili, una delle principali cause dell'insuccesso iniziale. Al contrario l :Aeronau-
tica ritiene di essere stata distolta da più redditizie missioni strategiche da pressanti
richieste di appoggio diretto, peraltro inoltrate in numero eccessivo e, come sempre,
in modo caotico e impreciso, oltre che indistintamente a favore di tutte le punte
avanzate.
Che dire? Che, evidentemente, Punta Stilo non aveva insegnato nulla, mentre
invece anche in questo molto diverso ambiente poteva dire qualcosa. Ancora una
volta, il problema essenziale sta nella mancanza di affiatamento e di conoscenza del-
le reciproche possibilità, in precise intese e accordi nel quadro di un'accurata prepa-
razione comune, nelle trasmissioni, ecc. E se da una parte, come scrive il generale
Pricolo, l' Aviazione non ha aerei adatti per intervenire in campo tattico e comun-
que l'ambiente montano rende tali interventi poco efficaci (49), è anche un fatto
che, in linea generale, la scelta degli obiettivi e delle relative modalità di intervento
non può rispondere a canoni fissi e a situazioni ottimali ma va di volta in volta rife-
rita a tutti i dati della concreta situazione.
Nel caso specifico, a fronte della supercificialità e della mentalità angustamente
~terrestre» con la quale si prepara e organizza la Campagna (tra l'altro, alla riunione
decisiva del15 ottobre 1940 non vengono neppure invitati i Capi di Stato Maggiore
dellhronautica e della Marina) va considerato che, se da una parte i comandanti
terrestri fanno generico assegnamento sull'Aviazione senza accertarsi che esistono
le concrete premesse per un suo redditizio impiego e senza definire bene i particola-
ri del suo intervento, dall'altra in questo caso come, in generale, in quello della guer-
ra mediterranea i comandanti dell'aviazione non tengono conto di una realtà già in-
tuita da Mecozzi e dimostrata nell'anteguerra dall'economista tedesco Possony:
(48) Cfr. F. Pricolo, Op. cit., pp. 299-388 e 414-417; G. Santoro, Op. cit., pp. 153-238; F. Roluti, L'at-
tacco alltJ. Grecia e l'Aviazione, «Rivista Aeronautica» novembre 1946; A. Curami, Appunti sulla
Regia Aeronautica nei Balcani 1940-1941 - Bozza (Convegno sulla seconda guerra mondiale della
Fondazione Micheletti; Brescia, 1989).
(49) A tal proposito, dopo la fallita offensiva in Grecia nella primavera 1941 Mussolini parlando ai
generali insirisce il problema della «éollaborazione tattica» con l'aviazione nel più vasto contestcr
di un coordinamento che è mancato anche tra fanteria e artiglieria, mentre nel rapporto al Re
del21 marzo 1941 scrive che «Le squadriglie di Albania e di Puglia si sono prodigate. Le perdite
sono state notevoli, ma bisogna finalmente convincersi che, salvo ben determinate circostanze,
l'impiego delli'\.viazione in campo tattico, specie in terreno montuoso, è semplicemente assundo.
L'aviazione non può sostituire le artiglierie se non nel campo strategico (B. Mussolini, La difesa
armafll della Nazione, Firenze - Roma, La Fenice, 1984, pp. 68 e 73).
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