Page 237 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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e non un fattore paritetico e anzi incrementale rispetto alla potenza espressa dai
cannoni delle navi, come aveva sostenuto senza successo negli anni Ventl l'ammi.·
raglio Bernotti (40).
Ne consegue che da Punta Stilo in poi la mancanza di un'efficacia e sicura co-
pertura aerea (che l~ronautica, pressata da mille richieste, non può sempre garanti-
re) sarà il freno maggiore per un impiego proficuo e aggressivo delle nuove corazzate
entrate in linea. Dal canto suo l~ronautica deve constatare che 72 velivoli da bom-
bardamento provenienti dalle basi della Libia e dell'Egeo che attaccano le navi in-
glesi il giorno 8 e altri 176 aerei provenienti dalle basi della Sardegna, della Sicilia
e delle Puglie che intervengono il giorno 9 non solo non ottengono risultati di rilie·
vo, ma anche bombardano per errore le nostre navi, dando naturalmente origine a
una lunga e dolorosa polemica con opposte argomentazioni (tutto sommato scontate
e prevedibili), ben messe in luce dal recente e ottimo libro di Francesco Mattesini
pubblicato dall'Ufficio Storico della Marina e dalle memorie e articoli dei generali
Santoro e Pricolo e dell'ammiraglio Iachino (41).
Senza entrare troppo nel merito della polemica e prescindendo da un minuto
esame degli avvenimenti dal 3 all'llluglio, basta qui constatare che a Punta Stilo:
a) l'aviazione da caccia basata a terra, a parte la sua scarsità complessiva a fronte
delle molteplici esigenze nei vari scacchieri, non è in grado di intervenire effica-
cemente e tempestivamente nel cielo della flotta, per fue ragioni: macchinosità
delle procedure per le richieste di intervento da parte del comandante in mare,
che devono percorrere troppi gradini, e mancanza di una portaerei da parte
italiana;
h) nonostante le tempestive predisposizioni dei Comandi aeronautici per un inter-
vento a massa, l'aviazione da bombardamento non interviene tempestivamente,
non «lega» la sua azione con quella della flotta e bombarda anche le navi italiane
per una serie di ragioni: richieste di intervento troppo generiche da parte della
Marina; mancata tempestiva individuazione della posizione della· flotta ingl~se
il giorno 9 da parte dell'aviazione da ricognizione marittima (alle dipendenze di-
rette della Marina); mancato tempestivo aggiornamento delle informazioni sulle
posizioni reciproche delle due flotte; ritardi nella trasmissione di importanti sag-
gi; difficoltà degli equipaggi degli aerei nel riconoscere le navi amiche dovute -
oltre che al clima della battaglia e alla conseguente scarsa visibilità·- a scaiSo
addestramento d'insieme e a inefficacia delle procedure e segnali di ricono-
scimento.
I generali Pricolo e Santoro riconoscono il vantaggio rappresentato dalle dispo-
nibilità di una portaerei per la flotta inglese (42) e gli errosi dalle due parti: le nostre
navi aprono un nutrito fuoco contro gli aerei italiani che le attaccano, e ciò confer-
(40) Sulle tesi dell'ammiraglio Bernotti Cfr. F. Botti, LA stralegia marittima negli anni Venti, «Bolletti-
no d~ivio dell'Ufficio Storico Marina Militare» n. 3/1988.
(41) F. Mattesini,LA battaglia di Punta Stilo, Roma, Uff. Storico Marina Militare, 1990 (di particolare
interesse per la parte aeronautica sono gli allegati); G. Santoro, Op. cit., pp. 484-497; F. Piccolo,
Op.cit., pp. 247-273 e Non è colpa dell'Aviazione, «Rivista Aeronautica» maggio 1947; A. Jachi-
no, Op. cit., pp. 201- 205 e 47-57; V. Lioy, LA cooperazione aeronavale in «Tramonto di una grande
Marina», «Rivista Aeronautica» aprile 1960. ·
(42) G. Santoro, Op. cit., p. 510.
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