Page 254 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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segretezza alla volta del Golfo di Taranto, fino a giungere audacemente a 170 miglia
             dalla principale Base  Navale italiana (26).
                  A Taranto erano allora presenti tutte e sei le nostre corazzate, i sette incrociato-
             ri pesanti e due dei maggiori incrociatori leggeri, oltre a numerosi cacciatorpedinie-
             re e battelli minori. La base era difesa contro gli attacchi dal cielo dai 101 cannoni
             e 193 mitragliere antiaeree, cui si aggiungevano naturalmente le nutrite artiglierie
             delle navi alla fonda. Apposite reti parasiluri, profonde 10 metri, avrebbero dovuto
             proteggere gli ancoraggi, ma non erano in numero sufficiente, mentre molti palloni-
             aerostati di sbarramento aereo erano stati strappati recentemente dal forte vento e
             non erano stati ancora rimpiazzati (27).
                  L'incursione aerea iniziò alle 23.00 dell'H novembre 1940 e si protrasse fin do-
             po la mezzanotte. Ad essa parteciparono undici aerosiluranti «Swordfish», aerei bi-
             plani lenti e dall'aspetto antiquato, dotati di carrello fisso e di carlinga aperta, dove
             prendevano posto due o tre uomini d'equipaggio. Altri nòve «Swordfish» dovevano
             invece illuminare l'area dell'attacco con bengala legati a paracadute e lanciare picco-
             le bombe a scopo diversivo. I risultati furono notevoli, poiché la modernissima co-
             razzata Littorio venne colpita da tre siluri, mentre le due più anziane corazzate Con-
             te di Cavour e Caio Duilio furono centrate una volta ciascuna. Gli altri sei siluri sca-
             gliati dagli aerei inglesi mancarono i bersagli o si infilarono nel fondo melmoso della
             rada al termine del rispettivo «sacco di caduta». Infine, l'incrociatore pesante Trento
             e il cacciatorpediniere Libeccio furono raggiunti da bombe che non esplosero, men-
             tre gli inglesi persero due velivoli  (28).
                  I danni sulla Littorio, sebbene fossero i più gravi, vennero riparati entro il mar-
             zo 1941, poiché l'alto valore bellico di questa moderna corazzata dette ad essa ogni
             precedenza nei lavori di raddobbo. La Caio Duilio, dalla più debole struttura e dalla
             minore importanza bellica, fu rimessa in attività nel maggio 1941, mentre la Conte
             di Cavour, risollevata dal fondo e trasferita a Trieste, non entrò più in servizio e per-
             tanto dovette essere considerata l'unica perdita definitiva dell'attacco aerosilurante
             a Taranto (29).
                  Contemporaneamente un  altro grave  colpo  fu  inferto dagli  inglesi  al  nostro
             traffico marittimo.  Infatti alle prime ore del  12  novembre tre incrociatori leggeri
             e due cacciatorpediniere britannici, anch'essi distaccatisi dalla Mediterranean  Fleet
             in navigazione,  distrussero nel Canale d'Otranto un convoglio italiano di quattro
             mercantili.


             (26)  I:ammiraglio Iachino, che di n a poco sarebbe divenuto il nuovo Comandante in Capo della Flot-
                 ta italiana, ha criticato duramente la decisione di Supermarina di non far salpare la Squadra da
                 battaglia da Taranto sulla scorta delle informazioni aeree giunte dall'8 all'll novembre.  Cfr.  A.
                 Iachino:  Trrunonto  di una grande Marina,  op.  cit., pagg.  241-243.   ·
             (27)  Dei 12.800 metri di reti parasiluri ritenute necessarie alla protezione degli ancoraggi  he erano
                 in opera SQlo 4.200. Tuttavia fu poi dimostrato che anche nell'eventualità di un completo sbarra-
                 mento retale subacqueo, i siluri inglesi sarebbero passati. ugualmente, perché regolati a profondità
                 superiori ai 10 metri e dotati anche di acciarini magnetici per scoppiare sotto le carene delle navi.
              (28)  Ufficio Storico della Marina Militare: lA Marina italiana nella seconda guerra  mondi4/e,  vol.  IV
                 cit., pagg. 248-249. Le bombe che non esplodono sono un fenomeno piuttosto frequente in guer-
                 ra, che ad esempio si è ripetuto anche recentemente durante la guerra delle Falkland del1982.
             (29)  Ufficio Storico della Marina: Le navi di linea italiane,  1861- 1969,  Roma,  1969, pag.  303, pag.
                 315  e  pag.  334.  Il Trento  e il Libeccio subirono riparazioni di minor conto.

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