Page 262 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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degli incrociatori da battaglia Schamhorst e Gneisenau, delle 3 cosidette «corazzate
tascabili», di 3 incrociatori pesanti e 6 leggeri e di meno di una ventina di caccia.
Quelle forze furono però impiegate con energia e senza curarsi molto delle perdite.
I grandi risultati furono però ottenuti con la guerra sottomarina in cui, nei sei anni
del conflitto, i tedeschi costruirono e impiegarono (l) ben 1.162 sommergibili con
una tattica ineguagliata per raffinatezza e ardimento, comunque vincente sino a
quando la combinazione di diversi fattori reattivi, militari e produttivi, non neutra-
lizzarono gli effetti del suo impiego.
All'inizio della guerra la dottrina d'impiego era già disponibile ma inapplicabi-
le perché la Marina tedesca era ancora ben lontana dal disporre del numero di som-
mergibili necessario e che era stato calcolato in 300 battelli. La Marina germanica
dovrà attendere il1942. Infatti, l'inizio della guerra vide presenti solo 56 U-boote,
ma gli operativi erano 46 e di cui 24 inidonei ad operare in Atlantico. Quindi solo
22 battelli erano disponibili, ma tolte le unità in addestramento, prove, manutenzio-
ni, in navigazione, significò avere in zona d'operazione 5 battelli, con un punto in
basso di 3 e uno in alto di 7.
· Questo era dunque lo stato di, preparazione della componente di élite della Ma-
rina tedesca. Si pensi, per contro, che nove mesi dopo,· giugno 1940, la Marina ita-
liana schierò in Mediterraneo, purtroppo con risultati deludenti e perdite gravi, ben
55 oattelli. Noi soffrivamo però della situazione inversa della Marina tedesca: ave-
vamo i mezzi, se pur tecnicamente inferiori a quelli germanici, ma eravamo privi
di una moderna dottrina d'impiego dei sommergibili.
Stando ad un mero paragone di numeri di naviglio pronto e ripartito per area
operativa, la Marina italiana appariva, alla pari con quella francese, tra le più pron-
te. Occorre però realizzare che i mezzi contano se assieme ad essi si accompagna
un armonico sviluppo dell'insieme delle tecnologie applicate, delle dottrine d'im-
piego, dell'addestramento che sia coerente con i piani operativi predisposti, oltre al-
la presenza di una struttura tecnico-produttiva adeguata, congiunta a necessarie ca-
pacità economiche e di reperimento di risorse. · ·
I limiti della preparazione navale italiana sono noti: radar ed ecogoniometri,
aviazione navale e cooperazione aerea, qualità del munizionamento, assenza di ad-
destramento in vari aspetti del combattimento quale quello notturno, deficienze di
apparecchiature, disequilibri in alcune categorie di naviglio quale quello assegnato
alla scorta dei convogli o come nei cacciatorpediniere dove su 57 unità solo il35%,
cioè 20, erano idonee al servizio di squadra.
Non c'è comunque da stracciarsi troppo le vesti: anche gli altri avevano le loro
deficienze. I francesi non avevano il radar cosl come noi, non avevano portaerei,
pel'Ò avevano l'aviazione navale.
Delle loro 7 corazzate ben 5 erano decrepite e incapaci di andare in battaglia
con i loro 20-21 nodi di velocità. ù: stesse navi britanniche imbarcarono il radar
più tardi (nel Mediterraneo fece la sua apparizione nel1941) però avevano il pregio
di essere addestrate al tiro notturno e avevano buone artiglierie, s'e pur in parte anti-
quate, e soprattutto buon munizionamento. La Marina britannica aveva le portae-
(l) I battelli impiegati effettivamente in missione furono circa 870 (di cui 550 non colsero successi),
il restante numero era rappresentato da sommergibili in addestradlento, collaudo, allestimento o
in cantiere in varie fasi di costruzione.
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