Page 263 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 263
rei, ma il loro impiego e quello dell'aviazione navale erano ancora incerti, ciò era
dovuto anche al fatto che la Royal Navy era uscita solo nel193 7 da quella travagliata
soluzione che aveva visto per anni il condominio dell'aviazione navale ripartito tra
Marina e Aeronautica: alla prima le portaerei, alla seconda gli aerei imbarcati.
Allo scoppio della guerra, la Marina britannica aveva un tasso di impreparazio-
ne di un certo rilievo, basti pensare che, ben sapendo che i suoi vitali traffici sareb-
bero stati benagli ideali per una forte offensiva sottomarina, così come aveva dovu-
to imparare a sue spese nella guerra 1914-18, essa entrò in guerra drammaticamente
deficitaria in fatto di navi scorta: 15 vecchi caccia e 28 sloop e avendo in costruzio-
nè 20 caccia di scorta e 4 fregate: una goccia nell'oceano di esigenze che aveva la
Royal Navy in fatto di navi scorta.
La Marina britannica, nella sua consistenza, denunciava non poche difficoltà
a rispondere a tutte le esigenze dell'emergenza. Si pensi che quando l'Italia entrò
in guerra, lo schieramento britannico nel Mediterraneo era modesto: nessun inéro-
ciatore pesante, 10 leggeri, 35 caccia e 12 sommergibili. C'erano però 2 portaerei,
cui si aggiungevano 5 navi da battaglia. Pericolose erano le prime, perché le seconde
ad eccezione della rimodernata Warspite, comunque sempre nave da 23-24 nodi, era-
no Malaya, Resolution, Ramillies e Royal Sovereign, navi antiquate, se pur armate
con 8 buoni cannoni da 381 mm, ma capaci di una velocità men che mediocre che
nella migliore delle condizioni poteva raggiungere i 22 nodi. I nostri «Cesare» ne
facevano 27, per non parlare dei «Vittorio Veneto» che raggiungevano i 30. In real-
tà, e per un periodo abbastanza lungo, la Royal Navy rimase nel Mediterraneo infe-
riore alla Marina italiana.
La flotta francese fu presto esclusa dalla fase iniziale del conflitto. Essa si pre-
sentava come una buona Marina, in condizioni pari o di poco superiori a quella ita-
liana con punte di compensazione tra le diverse categorie del naviglio; ma nei pochi
giorni di belligeranza contro l'Italia dette dimostrazione di aggressività coll'incur-
sione n'el Golfo di Genova e dove noi non fummo in grado di esercitare alcun con-
trollo di area.
I.:eliminazione della flotta francese non dette una superiorità assoluta della
Marina italiana nel bacino occidentale del Mediterraneo, perché Londra, per turare·
la falla lasciata dai francesi, costituì la Forza H di Gibilterra con prestazioni di velo-
cità superiori a quelle della Squadra di Alessandria: infatti furono impiegati incro-
ciatori da battaglia, pur seriamente deficitari in fatto di protezione orizzontale e
verticale, e fu assicurata la presenza di una portaerei.
Tuttavia, al df là delle portaerei, il cui impiego si sarebbe potuto contrastare
almeno parzialmente, per le volte di cui fu il caso, con una cooperazione aeronavale
di spessore diverso da quello che invece avemmo, l'equilibrio di forze tra la Marina
italiana e quella britannica non fu mai decisamente da una parte o. dall'altra.
La Marina italiana combattè una lunga guerra dove non riuscì ad esercitare un
completo sea control del Mediterraneo centrale tale da vietarne l'accesso all'avversa-
rio quelle poche volte che esso forzò il passaggio, però riuscì, se pur ad alto prezzo,
a mantenere agibili le linee di comunicazione tra l'Italia e la Libia, lungo le quali
si combattè la nostra vera guerra navale.
Concludendo il tema sulla preparazione comparativa delle Marine all'inizio
della guerra, direi che nessuna di esse si presentò al conflitto con una preparazione
completa: chi per un motivo chi per un altro tutte presentavano manchevolezze e
lacune, se pur quelle italiana e francese apparivano le più «tirate a lucido». Il fatto
261