Page 47 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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stenza di qualche settore di progredito sviluppo tecnologico (chimico-tessile proba-
bilmente) e il fatto che l'industria chimica e soprattutto i settori della gomma e della
benzina sintetiche sembrino finora (febbraio 1991) insufficientemente studiati, non
appare tale da infirmare l'assunto generale (45).
Del pari indiscutibile la diffusa obsolescenza e scarsa produttività degli impian-
ti, riflesso del resto della «eliminazione di ogni concorrenza anche sul me~ato inter-
no» che «in pari tempo agiva da freno al progresso tecnico» (Romeo) (46).
Beninteso la stretta valutaria con le sue ripercussioni sulle importazioni si po-
neva fra le concause del degrado degli impianti, derivando a sua volta da scelte poli-
tiche di fondo intrecciatesi con congiunture mondiali come quella degli ultimi anni
venti e i primi trenta. A conferma di questa situazione ricordiamo, per esempio, le
parole di Agostino Rocca consigliere delegato dell~nsaldo S.A. al consiglio d'ammi-
nistrazione del 27 luglio 1936:
( ... )L'ing. Rocca espone al consiglio il grave problema riguardante il rinnovamento
del macchinario Ansa/do, del quale il92% è anterif:!re al1920 e si può quindi conside-
rare superato sotto l'aspetto tecnico ed economico. E stato elaborato un programma per
l'acquisto di 60 milioni di nuovo macchinario esponendo alle autorità competenti la
necessità di doversi approvvigionare per buona parte dello stesso all'estero, dato che l'in-
dustria italiana non è ancora sufficientemente attrezzata a questo riguardo ( ... ) Le auto-
rità militari hanno efficacemente appoggiato il programma dell'Ansa/do, esercitando an-
che la loro influenza per ottenere dal Sottosegretario per gli Scambi e Valute l'autorizza-
zione per l'importazione di un lotto di 15 milioni nel primo anno ( ... )» (47).
Questo sommario panorama non può tacere alcuni tratti della , disciplina del
commercio estero poi confluiti nella più generale e spesso inafferabile figura dell'au-
tarchia. Invero, come si cercherà di ricordare, le posizioni sul mercato dei produttori
più affermati uscirono consolidate da un cocktail a base di inefficienza burocratica
e di callidi approfittamenti. La morale insomma non è diversa da quella appena ac-
cennata per consorzi e disciplina degli i111pianti anche se, naturalmente, gli svolgi-
menti (o quan~ di essi è possibile ricostruire) sono differenti. Certo la passività del
mondo economico rispetto alle decisioni mussoliniane in politica estera non si ripro-
duce all'interno. Quivi anzi i vertici economici possono negoziare col Regime da
una posizione di potere superiore a quella esistente in altri Stati totalitari come la
Germania nazista e il Giappone.
Dal1861 al nodo 1929-1930 la politica commerciale e doganale del Regno (48)
aveva oscillato tra il liberismo (estensione a tutta la Penisola della tariffa sarda e dei
trattati di commercio del Regno subalpino) e il protezionismo della prima e della se-
(45) R. Romeo Breve Storia ecc. cit. pp. 151-152.
(46) lvi.
(47) Fond. Einaudi A.R. 11.3. Ignoro in base a quali notizie. E. Conti (op.cit. p. 389) abbia annotato
in data 1° settembre 1938 che «lo sforzo produttivo è accompagnato da un intenso rinnovo di'
impianti•.
(48) Oltre a R. Romeo Breve storitl ecc. cit. passim, Michelangela Paradisi I/ commerdo esinO e l. slrlll·
tum industriale in P. Ciocca, G. Toniolo (curatori) «L'economia italiana nel periodo fasci~ Bolo-
gnaU Mulino 1976 pp. 271-324 e Ministero per la Costituente RApporto de/l. Commissione Eco-
nomica III Problemi monefllri e Commerdo estero l Relazione Roma, Poi. dello Stato .1947 pp. 277·
284.
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