Page 48 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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conda svolta (1878 e 1887). Quest'ultimo con.i dazi su grano, lana, ghisa ecc. aveva
abbozzato anche da noi una sorta di alleanza steel and rye, importante per il primo
decollo industriale (49). In regime protezionista più o meno forte (soggettivamente
temperato dai trattati di commercio), l'Italia era poi rimasta, nonostante qualche at-
tenuazione nel periodo De' Stefani (1922-1925) (50). Naturalmente da noi la prote-
zione del mercato interno dovette sempre misurarsi çon la necessità di importare
indiSpensabili materie prime. Inoltre una sorta di pre-autarchia, intesa alla conser-
vazione del modello ecònomico interno e di corrispondenti interessi, si era già con-
figurata tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta. Ricordiamo la nascita di
cartelli e consorzi agro-industriali che riunivano appunto con gli industriali i «colti-
vatori, i commercianti, gli intermediari nonché i rappresentanti del mondo operaio»
(L. Franck): Consorzio produttori di zucchero, Federazione nazionale dei coltivato-
ri di barbabietole, associazioni interessate alla coltura dei bachi da seta, Ente Nazio-
nale Risi ecc. .. La ricetta era quella del dumping esterno sulla pelle del consumatore
italiano: rialzo coattivo dei prezzi interni e speciali imposte destinate a indennizzare
gli esportatori perché potessero vendere l'eccedenza ai prezzi del cartello mondiale.
n sistema era finalizzato al mantenimento di certe colture e alla conservazione di
mercati esteri, quando non addirittura a creare nuova esportazione. Meccanismo
largamente applicato dal Fascismo ma non inventato da lui (51).
Fra il1929 e il1935l'esportazione declina di bendue terzi come conseguenza
sia del rincrudito protezionismo estero nel dopo-crisi sia del rifiuto mussoliniano
di svalutare la Lira (rimangiandosi la reclamizzata «quota 90» nel1926) non foss'al-
tro in proporzione alle svalutazioni della Sterlina (30%) e del Dollaro (41%) avve-
nute rispettivamente nel 1931 e nel'1933. Pur con notevolissimo prosciugamento
della riserva (oro e divise), la bancarotta fu evitata solo perché le circostanze aveva-
no determinato anche un crollo di pari entità nell'importazione.
Lo scontro fra realtà e grande «politica spettacolo» sempre più accentuata dal
Regime non tardò a presentare i conti provocando drastici provvedimenti:
- febbraio 193.5, sequestro della valuta estera e drenaggio dell'importazione
con contingenti e con un sis~ma di licenze ancorato ad una percentuale della quan-
tità esportata nel corrrispondente trimestre del1934, da provarsi con esibizione del-
le relative cbollette». Da ciò e da altre regolamentazioni a mano a mano succedute-
si, la nascita fra l'altro di nuove figure «professionali» come «spedizionieri» e «tran-
(49) V. sem~ R. Romeo Btftlt! storia ecc. cit. cap. V specie pp. 43-46. Per l'aspetto tedesco esemplifi-
cativamente: Fritz FISCber &m K.ismeich lo Thinl Reich. Ekments of Continuity in Gmnan Hi-
Jiory 1871-1945 Londra, Unwin Hyman 1986 (ed. or. 1979) specie pp. 39 e sg ..
('O) lA S!)Spensione bellica del dazio sul grano fu prorogata con pl'OYVedimenti annuali fino al1925:
R. Romeo Bmlt! storia ecc. cit. p. 121.
('1) L. Franck cit. pp. '8-61 e B. Caizzi cit. pp. 470-471. Tale era il sistema.pubblicamente propugna-
. to da Apelli nell'articolo citato a nota 30. le tesi di Agnelli furono vivacemente contestate da
· Oscar Sinigqlia nel febbraio 1934 con un articolo destinato al .Corriere della Sera» e da questo
rifiutato. Sirrigagli• vi osservava fra l'altro come fosse eccessivo che l'esportatore .Pretendesse di
addossare al consumatore interno non solo costi di produzione, spese generali e d'ammortamento
.dei prodotti esportati ma perfino cl'interesse del capitale impiegato in un periodo nel quale gran.
parte dei produttori non riesce a ricavarlo nemmeno dalle vendite all'interno•. Vedi Franco Mar-
coaldi Venti .,.; tli economi4 e politiCII. Le cane De' Stefani (1922-1941) Milano, Angeli 1986 pp.
229-232.
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