Page 134 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Già da febbraio furono  segnalati casi di diserzione e di autolesioni-
               smo, accuse di incapacità e tradimenti ("bisogna far pulizia"), di astio per
               gli  imboscati (anzi  per  "i fascisti  imboscati" e per  "i signori che stanno a ca-
               sa"). Crebbe, parimente, in continuazione la voglia di tornare alle proprie
               famiglie;  annotò il censore:  "un fenomeno  collettivo preoccupante per le ulteriori
               possibili  conseguenze").

                    I successi militari della primavera solo all'appare~za fecero registra-
               re una ripresa del morale e dello spirito combattivo delle truppe. Se, infat-
               ti, da una parte le relazioni continuavano ad accreditare una  "morale alto
               al fronte",  dall'altra  non poterono  fare  a  meno  di segnalare continue  la-
               mentele, preoccupazioni, dissensi, scadimenti di valori. A maggio-giugno
               furono  evidenti timori  e sintomi  di  stanchezza  al  fronte greco-albanese;
               a luglio fu  segnalato il non gradimento di eventuali destinazioni in Libia
               e in Russia di quanti già erano stati impiegati al fronte; ad agosto si acui-
               rono le proteste per le licenze non concesse, per i mancati avvicendamen-
               ti, per le disparità di trattamento, per il comportamento dei superiori (nelle
               lettere comparvero espressioni irriguardose nei loro confronti); a settem-
               bre giunsero notizie preoccupanti sullo stato sanitario delle truppe e au-
               mentò,  nel  contempo,  il mal contento generalizzato  per la  mancanza  di
               licenze, per l'inadeguatezza dell'equipaggiamento- si incominciò a guar-
               dare con invidia la  condizione del soldato tedesco -, per l'insufficienza
               del rancio, per la manomissione di pacchi postali; a ottobre le  lamentele
               diventarono "vibrate proteste"; mentre tra le truppe del C.S.I.R., nonostan-
               te lo spirito combattivo e il morale elevato, si ebbero i primi congelamenti
               e,  conseguentemente,  un diffuso  timore su  come  affrontare il  "generale
               inverno" e ripetute richieste di indumenti pesanti; a novembre vi fu allar-
               me su tutti i fronti per le deprimenti notizie che le truppe ricevevano dai
               congiunti (miseria,  fame,  bombardamenti); a dicembre un coro di indi-
               gnazione  si  levò,  verso  tutto  e tutti,  da  ogni  parte.

                    Questi atteggiamenti e comportamenti, cui molto peso dettero i com-
               pilatori delle  relazioni,  non possono che  avvalorare il tramonto e la  fine
               di quel consenso che la Nazione aveva dato, fino all'anno prima, al fasci-
               smo  e al  suo Duce.
                    Emergono, inoltre, dalle relazioni altre riflessioni, altrettanto impor-
               tanti,  che  attestano  come  il  1941  sia  l'anno della  fine  del  consenso  per
               altri versi. L'adesione al fascismo  e alla guerra era stata possibile, ed era
               stata data, da una Nazione tenuta compatta e convinta nella quasi totalità
               di ogni sua componente, orgogliosa del prestigio acquisito e sull'onda dei
               successi  in  Etiopia  e in Spagna.



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