Page 137 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Perché la propaganda non sia sterile, occorre che vi sia partecipazio-
           ne, attiva o passiva, delle masse:  occorre, cioè, una risposta di quell'opi-
           nione pubblica verso cui l'attività pubblicistica è diretta e che vuole formare.
           In altre parole, alla propaganda deve corrispondere il "prodotto finito",
           la sua ragion d'essere: il "consenso" o il "dissenso", perché l'attività può
           anche  richiedere  una  risposta  negativa.
               In guerra, la propaganda si  pone il fine,  attraverso la formulazione
           della tesi e la formazione dell'opinione pubblica, di ottenere atteggiamen-
           ti  e comportamenti: positivi all'interno del  Paese e tra le  truppe proprie
           (consenso), negativi nelle Nazioni ostili e tra le truppe nemiche (dissenso).
                Gli atteggiamenti e i comportamenti richiesti al Paese e alle proprie
           truppe -  quelli che più direttamente ci  interessano -  si  concretizzano
           in partecipazione, accettazione del sacrificio, spirito combattivo, che sono
           effetti tangibili di un elevato  morale:  parole un po' fumose e retoriche, ma
           che  verificano  la  validità  dell'azione  spiegata  dalla  propaganda,  cioè  il
           consenso.
                Da quanto detto, scaturisce l'asserto che in guerra la propaganda serve
           a tener alto il morale (o lo spirito) delle truppe e del Paese. È un errore,
           però, rintenere che l'attività propagandistica, da sola, riesca ad esplicare
           la  sua funzione.
                La capacità di penetrazione (e di accettazione) di un messaggio pro-
           pagandistico durante un conflitto è subordinata allo spiegamento di altre
           attività,  che  devono  precedere il  messaggio  perché esso diventi efficace:
           l'assistenza e il benessere.  Non a caso, infatti, l'autorità militare, nel propor-
           re o istituire organi di propaganda, ha sempre previsto, fin dalla grande
           guerra, che essi provvedessero anche all'assistenza e al benessere dei sol-
           dati, sottolineando come lo scopo di mantenere alto il morale della truppa
           si conseguisse "ovviando, prima di tutto, ai fondamentali bisogni di ordine mate-
           riale",  per evitare che la propaganda finisse con l'ottenere l'effetto oppo-
           sto  a  quello  prefissato os>.
                Nel  1941, in linea teorica, tutte le attività propagandistiche faceva-
           no ancora capo al Ministero della Cultura Popolare.  Ma già il Ministero
           della Guerra aveva spiegato una sua poderosa organizzazione, sottraendo,
           nel settembre  1940, l'Ufficio Propaganda  Truppe  Operanti al S.l.M., e costi-
           tuendo,  sulla  base  di questo,  l'Ufficio  Propaganda  alle  dirette  dipendenze
           del  proprio  Gabinetto.



           (18)  A.U.S.S.M.E.,  Fondo Geloso,  busta  100.


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