Page 234 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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a 30 con sovrapposizione di piastre che conferirono alla torretta la nota
forma a taglio di diamante che si ritrova anche nell'A 15) dovevano essere
largamente compensati da una Top speed di 30 mph (km/h 48.270) assicu-
rata dall'ingente potenza del Liberty i cui 340 hp dotavano le 14.5 t della
versione Mark I di un rapporto peso/potenza di 23.44 hp/t sceso poi nella
versione Mark II a 22.66 hp/t senza però diminuzìone di velQcità (33>.
Insomma un veicolo molto difficile da colpire quando funzionava. E fun-
zionò molto spesso. Nella marcia di 33 ore per 270 km di deserto inesplo-
rato (da Mechili a Beda Fomm) 29 dei 50 Cruiser della 7a Divisione
Armoured raggiunsero la Balbia. Non più di 6 fra essi erano A 13, {llentre il
rimanente era costituito da A 9 e A 10. Sembra però che quei sei, spostandosi
rapidamente nell'area tra il posto di blocco della "Combeforce" e l'escre-
scenza chiamata dai britannici "Pimple", una quindicina di chilometri più
a nord, siano stati fra i principali artefici della vittoria di O' Connor (34>.
Ancor più insistente - e neppur essa in sé del tutto immotivata -
la querimonia sul successivo modello di Cruiser impiegato nel deserto, l'A
15 Mark VI più conosciuto come Crusader. Esso, dal suo arrivo nel giu-
gno 1941 e sino alla fine della campagna africana, si misurò, oltreché coi
tedeschi, con i "medi" italiani non migliorati ma usati da uomini che ave-
vano compiuto in battaglia e sulla loro pelle l'addestramento non ricevuto
in patria. Anche il Crusader era mosso dal solito Liberty adattato dalla
Nuffield. Questa volta gli strali si appuntavano soprattutto sul sistema di
raffreddamento, oltreché sui già rilevati difetti della versione A 13. È na-
turale che un motore aereo radiale raffreddato ad aria ponga di per sé
problemi di adattamento a un carro indipendentemente dalla sua data di
nascita, il 1917 nel caso del Liberty. I censori di quel motore lo designano
con spregio come un residuato della "guerra del Kaiser". La Nuffield a
sua volta attribuisce le difficoltà di adattamento e messa a punto alla pe-
nuria di tecnici sperimentati accusando la Royal Navy di essersi accapar-
rati i migliori m>. Di sicuro nel Crusader, per qualche motivo, la refri-
(33) D. Fletcher, cit., pp. 11-13, 63-68, 71-75 epassim. Ma vedi anche G. Macleod Ross,
The Business ofTanks 1933 to 1945, Elms Court Ilfracombe Devon, Stockwell 1976,
pp. 59-60, 139 e sgg., 150 e sgg. nonché AJ. Smithers Ru&ie" Mechanicals, Londra,
Leo Cooper 1987,passim, e M.M. Postan, D. Hay,J.D. Scott, Design and Development
ofWeapons, Londra, HMSO 1964, pp. 312-313 e pasim. Pur essendo minima la dif-
ferenza tra le due unità di misura di potenza CV e HP, è corretto usare la prima
per i motori italiani e la seconda per quelli britannici.
(34) B.H. Liddell Hart, The Tanks, (2 voll.), Londrà, Cassel, 1959, I pp. 57-63.
(35) Vedi soprattutto AJ. Smithers, cit., pp. 62-63 e M.M. Postan, D. Hay, J.D. Scott,
cit., pp. 336-337.
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