Page 55 - L'Italia in Guerra. Il secondo anno 1941 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Parecchie fonti riportarono in Vaticano la profonda irritazione di Pa-
            velic per il mancato carattere ufficiale del suo ricevimento, e il suo malu-
            more crebbe ancora quando seppe che il rappresentante inviato in Croazia
            era un semplice visitatore apostolico, abilitato a trattare per giunta le sole
            questioni religiose < 2 9>.  Il card. Maglione ebbe il  suo daffare a spiegare a
            mons. Stepinac, arcivescovo di Zagabria, che si era rivolto addirittura al
            Papa, come la Santa Sede  non potesse riconoscere il  nuovo Stato croato
            senza schierarsi apertamente ed ufficialmente dalla parte dell'Asse < 30>.  In
            Croazia rischiava di  prodursi una situazione eguale  e contraria a  quella
            della  Polonia:  una possibile  scissione  da  Roma  per il  dopoguerra.

                 Situazione non diversa si presentava in Slovacchia, ove il clero si mo-
            strava fortemente orientato verso la Germania come la naturale protettri-
            ce  della  sua  indipendenza e  della  sua  individualità religiosa,  culturale  e
            statuale,  e dove  mons. Tiso,  che  ne  era il dittatore,  arrivò fino  al punto
            di affermare che  la  dottrina sociale  cristiana era analoga a  quella  nazio-
            nalsocialista <3 1>.  A questo  punto, mons. Tardini,  spazientito  non soltan-
            to con il prelato slovacco, non poté trattenersi dall'osservare: "Che la Santa
            Sede  non possa  rimuovere Hitler dal potere lo  capiscono  tutti.  Che  non possa  tenere
            a freno  un prete,  chi può  capirlo?"<3 2>.

                 La questione iugoslava era complicata anche dai massacri operati dagli
            ustascia nei confronti dei serbi, massacri ammantati prevalentemente da
            ragioni di ordine religioso. La Santa Sede ne era mortificata, e non mancò
            di far rilevare, in diverse occasioni, che questi metodi erano assolutamen-
            te da respingere (33).  Né meno mortificati erano i cattolici serbi, la cui de-
            solazione  risulta  efficacemente  espressa  dalla  lettera  che  il  vescovo  di




            (29)  Cfr. Note di mons.  Tardini,  che riporta un colloquio non molto sereno con il principe
                Erwein Charles Lobkowitz, croato, che era venuto a parlare in nome di Ante Pave-
                lic  (22  luglio  1941),  in  ADSS,  V,  pp.  90-91.
            (30)  Cfr.  Maglione  a  Stepinac,  11  luglio  1941, in  ADSS,  V,  pp.  81-82.
            (31)  Cfr.  Note  di  Tardini,  21-23  ottobre  1941,  in  ADSS,  V,  pp.  373-374.
            (32)  Cfr.  L.  Papeleux,  Le  Vatican  et le problème juif (1941-1942),  in Revue  d'Histoire de  la
                seconde  guerre  mondiale,  n.  107, anno  1977,  pp.  75-84.
            (33)  Cfr. Borgongini Duca a Maglione,  22 ottobre 1941, in ADSS, V, pp. 244-245; A. Rho-
                cles, op.  cit.,  pp. 334-346 (burrascoso colloquio del card. Tisserant con alcuni fran-
                cescani,  almeno  correi  di  alcuni  massacri  di  serbi).


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