Page 102 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               che  aleggiava fin  dal  1940 sia  perché alcuni  dei  reparti italiani alla  fine
               inviati in Tunisia e là  battutisi fino  al  maggio  1943  (divisione  Superga  e
               altri minori), saranno tratti proprio da quanto restava dalla dotazione ini-
               ziale C3. In effetti, loro (cioè i britannici cui ora si erano aggiunti gli ame-
               ricani) erano sbarcati per il momento solo  in Marocco e in Algeria,  non
               in Tunisia benché un nostro "centro informativo",  nelle  prime convulse
                                                                   4
               comunicazioni-radio,  avesse  parlato  anche  di  Tunisia.< > Nelle  parole  di
               Adam non vi era solo l'amarezza di sapersi prevenuti dal nemico in aree
               cruciali dell'Impero coloniale francese fino ad allora rimaste fedeli a Vichy.
               C'era la consapevolezza della perdita dell'iniziativa strategica in Mediter-
               raneo che si consumava in un quadro del resto già segnato da rovesci sen-
               za appello nel deserto libico e in Pacifico, per non parlare dell'arresto tedesco
               in Russia  e  dei  primi grandi bombardamenti aerei  sulle  città del  Nord.

                    Da quell'alba  di  novembre  nessun  italiano  raziocinante dubitò più
               del fatto che la guerra fosse perduta. Lo afferravano anche quanti non ave-
               vano a  suo tempo valutato  né le  conseguenze dell'ostinazione britannica
               nell'estate  1940 né la  portata del Lend Lease  Act varato  da Roosevelt  nel
               marzo  1941 e neppure quelle del fallimento tedesco davanti a Mqsca nel
               dicembre 1941. Lo vedeva ormai molta gente comune come lo aveva visto
               Hitler e come non sfuggiva certo a Mussolini, anche se poi ciascuno reagi-
               va  a  suo  modo.  Lo  capivano  i soldati  e gli  ufficiali  sia  pure nel  quadro
               di  quel  caratteristico  fenomeno  per  cui  in guerra  le  previsioni  negative
               si formano prima lontano dai fronti che non sulle linee dove impegni più
               immediati  assorbono  ogni  energia.
                    Non sfuggiva- va da sé- al Comando Supremo, la crisi del quale
               non è che un risvolto della tragedia italiana consumata nel  1943 e che costi-
               tuisce  l'oggetto  di  queste  giornate  di  studio.
                    La presente nota contribuirà all'affresco trattando non dell'intera at-
               tività dell'Alto Comando italiano bensì solo  di un aspetto.  E precisamente
               del suo contegno a fronte delle spinte dal vertice politico che pareva non
               rassegnarsi al definitivo rinchiudersi degli orizzonti strategici e operativi per l' im-
               possibilità di commisurare qualunque azione o reazione a ipotesi realisti-
               che e capaci di iscriverla in un quadro armonico e finalizzato.  Nel tempo
               ci si muoverà lungo i mesi intercorrenti fra la sostituzione del maresciallo
               Cavallero col generale Ambrosio (31  gennaio  1943) e la  conclusione dei
               combattimenti  in  Africa  (metà di  maggio).


               (4)  A.U.S.S.M.E.  Diario  Cavallero,  cit.,  8  novembre  1942.








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