Page 99 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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IL 25 LUGLIO: I QUARANTACINQUE GIORNI 99
neva fine al periodo delle incertezze dei 45 giorni ma non dava all'intero
'problema italiano' alcuna via d'uscita. Portare l'Italia fuori dalla guerra
non era mai apparso agli occhi dei dirigenti del nuovo governo un'impre-
sa facile soprattutto perché la loro premessa consisteva nel salvare ad ogni
costo l'assetto politico istituzionale del paese, cioè l'istituto monarchico
gravemente eroso dal ventennio fascista. L'accordo armistiziale malgrado
la durezza delle sue clausole convalidò questa speranza comportando esso
l'inapprezzabile pregio di abilitare la Corona a garante della sua esecuzio-
ne. Con simile esigenza appariva difficile 'negoziare' un accordo con i rap-
presentanti degli alleati anglo-americani che non suonasse solamente quale
'resa senza condizioni' e quindi come conclusione unilaterale della parte-
cipazione dell'Italia alla seconda guerra mondiale. La grande speranza, nata
un pò dovunque in Italia dopo il 25 luglio, di un recupero anche sul pia-
no mondiale con la denuncia dell'alleanza con la Germania e con l'adesio-
ne attiva della 'Nuova Italia' al campo democratico diventava un'utopia.
Anche se erano chiari segni di una ripresa democratica, le due condizioni
stentarono a manifestarsi coerentemente: i quarantacinque giorni non chia-
rirono nulla. E dopo, questa opinione apparve quale vero sogno irrealiz-
zabile confinata com'era la posizione degli Alleati nei confronti dell'Italia
ad una mera debellatio che l'armistizio di Cassibile puntualmente doveva
confermare.
Su queste premesse e non su quelle sperate e volute da molti ambien-
ti italiani, la giornata dell'8 settembre rappresenta la conclusione tragica
dell'equivoco che, ancora una volta sottolineava il ruolo ambiguo di una
monarchia, che era si riuscita a sganciarsi dal fascismo e dal suo Duce,
ma che non era riuscita ad organizzare la seconda fase dell'operazione po-
litica istituzionale del salvataggio dell'Italia, coordinando con istruzioni
chiare e impegnative le attese che i militari, dislocati dalla Francia ai Bal-
cani, dall'Italia del Nord alla capitale, attendevano, cioè nell'organizzazione
di quella resistenza ai tedeschi premessa necessaria all'agognata cobellige-
ranza che, per diffidenza e spesso anche per ignoranza, molte autorità al-
leate non vollero o non seppero assecondare.
Lo stesso messaggio del maresciallo Badoglio nella sua equivoca bre-
vità non la evoca, e, se sancisce la fine delle ostilità con le forze anglo-
americane, non fa cenno ai rapporti con le forze germaniche, se non nella
sibillina affermazione di reagire ad eventuali attacchi da qualsiasi altra
provenienza. Poco, troppo poco, per ordinare in modo chiaro ciò che i
contatti con i massimi esponenti alleati richiedevano, cioè lo sganciamen-
to e quindi l'attacco alle forze germaniche in tutti i settori.
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